Last Updated on Febbraio 22, 2023
Secondo un’indagine Istat del 2018 sono 1 milione e 404 mila le donne tra 15 e 65 anni che hanno dichiarato di aver subito molestie da parte di un collega o di un datore di lavoro o ricatti sessuali sul posto di lavoro.
La Direttiva 2002/73/CE definisce la “molestia” come una situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona, avente lo scopo o l’effetto di violarne la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo; la molestia sessuale, invece, è una situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Le molestie sul luogo di lavoro incidono, dunque, sulla salute psico-fisica del lavoratore: il datore di lavoro risponde dei danni causati ai dipendenti da molestie realizzate dal datore stesso o dai propri collaboratori, ai sensi dell’art. 2087 c.c. – che impone all’azienda di adottare i provvedimenti idonei a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori – e dell’art. 2049 c.c. – secondo cui i datori di lavoro sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro collaboratori nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
I comportamenti indesiderati ai danni dei colleghi e delle colleghe possono, inoltre, anche costituire giusta causa di licenziamento dei dipendenti, in quanto condotte idonee a minare la fiducia che è alla base del rapporto di lavoro. Si segnala, ad esempio, il caso di un dipendente licenziato per aver inviato materiale pornografico ad alcune colleghe: tale condotta è, infatti, equiparabile ad atti di molestie sessuali, rilevanti penalmente (Trib. di Milano 11326/2017).
Analogamente è stato dichiarato legittimo il licenziamento per giusta causa di un impiegato con mansioni di capo squadra che aveva compiuto durante il turno di notte ripetuti atti di molestia sessuale ai danni di una collega a lui sottoposta. La Corte ha spiegato che in tal caso non rileva la mancata previsione della suddetta ipotesi nel codice disciplinare e che il licenziamento in tronco costituisce una sanzione proporzionata avendo il datore di lavoro in ogni caso l’obbligo di adottare i provvedimenti idonei a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori, provvedimenti tra i quali rientra anche il licenziamento dell’autore delle molestie sessuali, minando un tale illecito disciplinare fortemente l’elemento fiduciario (Cass. 20272/2009).
Cosa può fare, dunque, il datore di lavoro per arginare il rischio di molestie in ambito lavorativo e garantire un ambiente di lavoro sereno?
- adempiere all’obbligo di valutazione dei rischi: il d.lgs 81/2008 (Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) all’articolo 28 prevede che la valutazione dei rischi cui è tenuto il datore di lavoro deve avere ad oggetto anche i rischi connessi alle differenze di genere, come le molestie e le violenze;
- redigere il DVR (documento di valutazione dei rischi): si tratta del documento redatto alla fine della valutazione dei rischi e che contiene una relazione dettagliata dei rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, l’indicazione delle misure di prevenzione e protezione attuate, il programma delle misure da attuare e ritenute opportune per garantire nel tempo il miglioramento dei livelli di sicurezza;
- formare e informare i lavoratori sui temi della legalità, trasparenza, correttezza, indipendenza, dignità, rispetto nei rapporti interpersonali, comunicazione non violenta, anche diffondendo la conoscenza di codici di comportamento.
Di: Avv. Wanda Falco