Last Updated on Marzo 13, 2020
Di: Avv. Wanda Falco
Con l’espressione “modello 231” si allude a uno strumento atto a prevenire la commissione di reati all’interno degli enti collettivi e delle persone giuridiche. Tale modello è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. 231/2001 recante norme in materia di responsabilità amministrativa degli enti collettivi per i reati commessi dai loro organi e dai loro dipendenti.
In tal modo è stato superato il principio “societas delinquere non potest” in virtù del quale non sono ammissibili forme di responsabilità penale delle persone giuridiche in quanto l’art. 27 Cost. stabilisce che questa è strettamente personale.
Tale superamento si è reso necessario per far fronte al rischio dell’impunità di reati che non siano solo espressione della condotta illecita del singolo, ma siano conseguenza di precise scelte di politica d’impresa.
Vediamo ora nel dettaglio quali sono gli obblighi per le aziende e come limitare la loro responsabilità.
I presupposti della responsabilità: i soggetti attivi del reato e l’elemento oggettivo
Le norme sulla responsabilità amministrativa degli enti si applicano non solo agli enti dotati di personalità giuridica, ma anche alle società e alle associazioni che ne sono prive; non trovano, invece, applicazione allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
L’illecito amministrativo dipendente da reato si realizza in presenza dei seguenti requisiti:
- la commissione da parte di una persona fisica di un determinato reato previsto dalla legge ai fini della responsabilità dell’ente;
- l’autore del reato deve essere un soggetto che riveste nell’ambito dell’ente una posizione “apicale” (es. rappresentanza, amministrazione, gestione, direzione, controllo) o un soggetto legato all’ente da un rapporto di dipendenza;
- il reato deve essere stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente.
In riferimento all’ultimo presupposto si segnala che l’ente, dunque, non risponde se il reato è stato commesso nell’esclusivo interesse dell’autore materiale o di terzi.
A tal riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dall’interesse dell’ente ricorre quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento.
Per converso, il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dal vantaggio dell’ente ricorre qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso (Cass., sez. IV penale, n. 2544/2015; Cass., sez. IV penale, n. 49775/2019).
I presupposti della responsabilità: la colpevolezza.
L’ente risponde del reato se esso sia espressione della politica aziendale o derivi da una colpa di organizzazione.
Per evitare tale responsabilità, dunque, l’ente è chiamato ad adottare modelli di organizzazione e gestione (di seguito MOG) volti a impedire la commissione di determinati reati mediante la fissazione di regole di condotta. Ai fini dell’esenzione da responsabilità non è sufficiente, tuttavia, che il MOG sia stato adottato, ma è necessario che esso sia stato efficacemente attuato.
Da ciò consegue che la responsabilità dell’ente sussiste tutte le volte in cui il reato commesso sia frutto di una decisione imprenditoriale o sia conseguenza del fatto che l’ente non si è dotato di un modello di organizzazione idoneo a prevenire i reati del tipo di quello commesso o sia stata omessa o insufficiente la vigilanza, da parte degli organi di controllo, sulla corretta attuazione del MOG.
La responsabilità dell’ente è presunta qualora l’illecito sia commesso da una persona fisica che ricopre posizioni di vertice o di responsabilità; ciò comporta un’inversione dell’onere della prova a carico dell’ente il quale, al fine di escludere la propria responsabilità, deve provare che:
- il reato è stato commesso mediante elusione fraudolenta del MOG;
- la vigilanza da parte dell’organo di controllo non è stata omessa o insufficiente.
Se, invece, il reato è stato commesso dai sottoposti, l’ente risponde solo se la commissione dell’illecito è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.
I reati presupposto e le sanzioni
La responsabilità degli enti comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie e interdittive (es. interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni), della confisca e della pubblicazione della sentenza di condanna.
Chiaramente tali sanzioni trovano applicazione limitatamente ai reati espressamente previsti dagli artt. 24-26 del d.lgs 231/2001, quali, ad esempio:
- reati contro la pubblica amministrazione (es. corruzione, concussione, induzione indebita);
- reati contro la fede pubblica (es. falsità in monete, contraffazione, alterazione o uso di marchi, di brevetti, modelli e disegni);
- reati contro l’ordine pubblico (es. associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso);
- reati contro la persona (es. omicidio o lesioni commessi in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro);
- reati informatici (es. accesso abusivo a un sistema informatico, danneggiamento di programmi informatici);
- reati societari (es. aggiotaggio, false comunicazioni sociali);
- reati ambientali (es. disastro ambientale, traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività).
Si segnala, inoltre, la recente riforma dei reati tributari introdotta con la L. 19 dicembre 2019, n. 157, di conversione del decreto fiscale 2019, che ha inserito l’art. 25 quinquiesdecies al d.lgs 231/2001 in materia di delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
La struttura del modello 231 e l’integrazione post legge sul whistleblowing
Il modello di organizzazione e gestione, in genere, è articolato nelle seguenti parti:
parte generale: contiene un quadro sintetico della realtà dell’ente e della sua attività, la normativa di riferimento, l’indicazione della funzione del modello adottato e dei suoi principi ispiratori; sono anche presenti le informazioni relative all’Organismo di Vigilanza (struttura, composizione, compiti, poteri, segnalazioni e flussi informativi), l’indicazione delle modalità di diffusione del modello sia all’interno dell’ente che all’esterno e delle modalità di formazione e informazione obbligatoria del personale; infine, contiene anche il sistema sanzionatorio con i provvedimenti applicabili in caso di violazione delle regole e delle prescrizioni contenute nel modello.
parte speciale: contiene le diverse fattispecie di reato-presupposto concretamente e potenzialmente rilevanti in azienda, individuate in ragione delle caratteristiche peculiari dell’attività svolta; sono, inoltre, indicate le attività a rischio reato e i principi generali di comportamento.
Tali modelli così strutturati devono essere aggiornati anche alla luce della legge 179/2017 recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”.
In particolare, per il settore privato la legge sul whistleblowing ha modificato l’art. 6 del d.lgs. 231/2001, stabilendo che i MOG devono essere integrati al fine di prevedere misure volte a garantire la tutela del segnalante da atti di ritorsione o discriminatori e, più in generale, un uso puntuale e non abusivo del nuovo strumento di segnalazione.
In sostanza, il MOG aggiornato deve prevedere:
1. canali che consentano a coloro che rivestano una posizione apicale o che siano legati da un rapporto di dipendenza di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni di condotte illecite o di violazioni del MOG di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte;
2. almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
3. il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
4. nel sistema disciplinare, sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
Conclusioni
La disciplina in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è finalizzata a contrastare la commissione di reati tramite la politica d’impresa approfittando della irresponsabilità penale delle persone giuridiche.
Affinché un’azienda possa adeguatamente tutelarsi contro tale tipo di responsabilità deve necessariamente adottare un adeguato modello di organizzazione e gestione nonché assicurare un’efficiente vigilanza sul rispetto e sulla corretta attuazione dello stesso. Ciò si rende assolutamente necessario proprio in considerazione della presunzione di responsabilità dell’ente che comporta a suo carico l’onere della prova dell’elusione fraudolenta del MOG e della vigilanza adeguata.
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