Il procedimento disciplinare: la giurisprudenza sull’affissione del codice e sulle giustificazioni

Esistono molteplici aspetti del procedimento disciplinare che possono dare luogo a dubbi e ingiuste rivendicazioni da parte dei dipendenti. 

Al di là dei principi fondamentali in materia di contestazione disciplinare, quali l’immediatezza, la specificità e l’immutabilità, è bene conoscere anche le altre fasi del procedimento disciplinare, che spesso danno adito a contenziosi.

Nel presente articolo ci occuperemo, in particolare, del momento prodromico all’esercizio del potere disciplinare ovvero quello relativo alla pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti e del momento immediatamente successivo alla contestazione disciplinare ovvero quello delle giustificazioni. 

Per una disamina della giurisprudenza in materia di contestazione disciplinare, invece, si vedano i nostri approfondimenti “La contestazione disciplinare: il principio di specificità nella recente giurisprudenza” e “La contestazione disciplinare tra i principi di immediatezza e di immutabilità”

Affissione del codice disciplinare e “minimo etico”

L’art. 7 St. Lav. prevede che “le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti”. 

In sostanza, come in qualsiasi sistema sanzionatorio, è necessario che le condotte vietate e le sanzioni previste per la violazione dei divieti siano conoscibili da tutti: il lavoratore deve esser messo in condizione di conoscere preventivamente la condotta che il datore di lavoro ha il diritto di attendersi e che costituisce l’adempimento cui è tenuto in forza del contratto di lavoro. Ciò consente ai dipendenti di adeguare i propri comportamenti ai principi generali di diligenza, obbedienza e fedeltà e di astenersi da condotte illecite. 

È ormai pacifico che la previsione statutaria si riferisce ai soli casi di violazioni di norme o regole di comportamento che esulano dalle normali regole del vivere civile e dai doveri fondamentali del lavoratore, oltre che dal rispetto della legge. 

Dunque, la pubblicità del codice disciplinare non è presupposto necessario della legittimità dell’esercizio del potere disciplinare quando si vanno a sanzionare condotte del lavoratore che 

  1. costituiscono violazione di norme penali
  • contrastano con il cosiddetto “minimo etico” (ovvero con i doveri fondamentali del lavoratore e con le regole basilari della convivenza civile).

In altre parole non è necessaria l’affissione del codice disciplinare laddove le violazioni contestate consistano in comportamenti immediatamente percepibili dal lavoratore come illeciti, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione.

La giurisprudenza ha, pertanto, sostenuto la legittimità di sanzioni disciplinari conservative o di licenziamenti disciplinari irrogati in violazione dell’obbligo di pubblicità del codice disciplinare in caso di:

  • tentata truffa a danno di una cliente (Cass. 12321/2022);
  • rallentamento della produzione senza motivo e minaccia a un collega (Cass. 12367/2019);
  • estrazione del denaro dal cassetto antirapina lasciato aperto per ore da parte del responsabile dell’ufficio postale (Cass. 8291/2019);
  • positività al test antidroga del conducente di autobus (Cass. 12994/2018);
  • violazione della normativa antiriciclaggio da parte del direttore di filiale (Cass. 11412/2018);
  • abuso dei permessi ex L. 104 mediante svolgimento di attività personali incompatibili con l’assistenza al disabile (Cass. 9749/2016).
Le giustificazioni: art. 7 comma 2 St. Lav. 

Come in ogni sistema sanzionatorio, il dipendente a cui sia stato contestato un comportamento disciplinarmente rilevante deve poter esercitare il diritto di difesa. 

L’art. 7 comma 2 St. Lav. stabilisce, infatti, che il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza averlo sentito a sua difesa. 

Tale norma va interpretata nel senso che: 

  1. non è necessario che la contestazione dell’addebito contenga un termine al lavoratore per esporre le proprie difese o la fissazione di un’audizione a difesa (Cass. 16421/2019) 
  • solo ove il dipendente lo richieda espressamente, il datore di lavoro è tenuto a sentirlo oralmente, salva in ogni caso la facoltà del lavoratore di inoltrare per iscritto le proprie difese (Cass. 16421/2019). 

La richiesta di audizione deve essere formulata in termini univoci, non deve essere ambigua, ma espressa ed inequivocabile. Solo in tal caso il datore di lavoro è tenuto ad ascoltare il dipendente (Cass. 9596/2018). 

Una volta fissata la data di audizione orale eventualmente richiesta dal dipendente, questi può chiederne il differimento?

In primis bisogna precisare che in tal caso il lavoratore ha l’onere di dimostrare di trovarsi in una condizione di oggettiva e incolpevole impossibilità di espletare l’audizione orale nella data fissata.

In sostanza, non c’è diritto al differimento dell’incontro nel caso in cui il lavoratore si limiti ad addurre una generica impossibilità di presenziare poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. È legittimo, ad esempio, respingere la richiesta di spostamento dell’audizione nel caso in cui la certificazione medica prodotta non attesti l’impossibilità di comparire all’incontro con il datore, documentando solo uno stato ansioso generalizzato (Cass. 5314/2017).

Analogamente è legittimo respingere la richiesta di differimento nel caso in cui lo stato depressivo addotto non appaia in concreto idoneo ad impedire fisicamente di effettuare il colloquio e di difendersi in sede di audizione con consapevolezza e raziocinio (Cass. 625/2017).

In conclusione, il lavoratore non può pretendere la posticipazione del termine per rendere le sue giustificazioni sulla base di un’asserita malattia che determini un’inabilità temporanea senza provare uno stato di incapacità fisica o di incapacità di intendere e di volere che sia comunque idoneo a menomare gravemente, anche senza escluderle, le sue facoltà volitive e intellettive e così da impedire la formazione di una volontà cosciente.

Le giustificazioni: l’art. 7 comma 3 St. Lav.

L’art. 7 comma 3 St. Lav. prevede che il lavoratore possa farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale a cui aderisce o conferisce mandato. 

Sul punto ci si chiede se il lavoratore in tale occasione abbia il diritto di farsi assistere da un avvocato

Come chiarito dalla giurisprudenza, il diritto del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante sindacale esaurisce la tutela di legge, non essendovi nella norma statutaria alcun riferimento alla difesa c.d. “tecnica” assicurata da un avvocato, che è normalmente prevista solo per il giudizio e che può essere riconosciuta o meno, al di fuori di tale ipotesi, in base ad una valutazione discrezionale del datore di lavoro. Inoltre,non ha rilievo la circostanza che il lavoratore, per gli stessi fatti oggetto del procedimento disciplinare, sia chiamato a rispondere nell’ambito di un processo penale, considerata la diversità della sfera di interessi, privati e pubblici, su cui incidono i due distinti procedimenti (Cass. 6994/2018).

Si pensi al caso del dipendente licenziato per giusta causa per essere stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare fondata sull’imputazione di furto di energia elettrica ai danni della società. Egli chiedeva di essere assistito da un avvocato anche in sede di giustificazioni rese nel corso del procedimento disciplinare, sulla base del presupposto che per il medesimo comportamento era in corso un procedimento penale a suo carico.

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che hanno ritenuto legittima la scelta della società di non fare l’audizione del dipendente a fronte del suo rifiuto di procedere secondo le modalità ordinarie (Cass. 9305/2017). 

Conclusioni

Oltre alla giurisprudenza in materia di contestazione disciplinare, è bene conoscere anche gli orientamenti giurisprudenziali relativi alle altre fasi del procedimento disciplinare che spesso danno adito a contenzioso.

È consolidato l’orientamento che esclude l’illegittimità del licenziamento o della sanzione conservativa in caso di mancata affissione del codice disciplinare se la violazione contestata riguarda condotte contrarie al minimo etico o a norme di rilevanza penale. Analogamente sono consolidati gli orientamenti che escludono il diritto del lavoratore ad essere assistito da un avvocato in sede di giustificazioni o a chiedere il differimento dell’audizione orale in caso di generica impossibilità a presenziare. 

Di: Avv. Wanda Falco

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