Last Updated on Agosto 3, 2023
In linea con la definizione di discriminazione indiretta prevista dal diritto dell’Unione europea, l’articolo 25, comma 2, D.lgs. 198/2006 ravvisa una discriminazione indiretta di genere «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari».
In altre parole, la discriminazione indiretta può celarsi dietro provvedimenti, prassi, criteri che sembrano neutri in quanto in linea di principio potrebbero trovare applicazione a chiunque senza distinzione, ma di fatto mettono in una posizione svantaggiata alcune categorie di lavoratori rispetto ad altre, violando il divieto di discriminazione nel rapporto di lavoro.
Ne consegue che la verifica circa la sussistenza della discriminazione indiretta non va compiuta avendo riguardo al mero provvedimento, ma all’effetto discriminatorio.
Come si accerta una discriminazione indiretta? Le linee guida sono state recentemente indicate dalla Corte di Cassazione che nel caso di specie ha escluso la discriminazione indiretta prospettata dai lavoratori.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Il caso
Alcuni dipendenti a tempo parziale di una ASL contestavano la clausola di un bando per l’accesso alle progressioni di carriera che prevedeva un punteggio premiale per anzianità di servizio applicato con il criterio del riproporzionamento alle ore di servizio prestato. A detta dei lavoratori tale criterio poneva in una situazione di svantaggio i part-timer che erano prevalentemente donne e, quindi, comportava una discriminazione indiretta di genere.
La Suprema Corte, confermando la decisione di merito, spiega che la valenza potenzialmente discriminatoria in ragione del sesso di una condotta datoriale deve necessariamente essere apprezzata in concreto, anche su base comparativa e statistica, dimostrando che una determinata disposizione colpisce in maniera negativa le persone di un certo genere in misura significativamente maggiore rispetto a quelle dell’altro.
Nel caso di specie, i giudici di merito correttamente avevano escluso che comportasse discriminazione indiretta di genere il calcolo dell’anzianità di servizio proporzionato all’orario di lavoro a tempo parziale: questo criterio non poteva nel caso concreto comportare uno svantaggio per le donne posto che su un totale di circa 750 dipendenti donne solamente 280 erano state assunte con contratto a tempo parziale. Pertanto, per quanto fosse vero che le lavoratrici a tempo parziale erano pressoché tutte donne, era altrettanto vero che anche i lavoratori a tempo pieno erano in prevalenza donne ed in numero nettamente superiore a quelle con contratto a tempo parziale (Cass. 10328/2023).
In considerazione della specifica composizione della popolazione aziendale è risultato non necessario nel caso di specie dare luogo a un giudizio di comparazione di genere.
A prescindere dal caso concreto, la pronuncia in esame ribadisce i principî già espressi in altri precedenti circa le modalità del giudizio di comparazione. Vediamo in cosa consiste.
Il giudizio di comparazione
Ciò che rileva nella prova della discriminazione indiretta è la necessità di dimostrare il particolare svantaggio di un genere rispetto all’altro – e nello specifico quello femminile – prova che si raggiunge dimostrando che un provvedimento colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro (C-274/18; C-161/18).
Pertanto, al fine di verificare l’esistenza di una discriminazione indiretta di genere il giudice,nel caso in cui disponga di dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati al provvedimento da cui ha origine la presunta disparità di trattamento; il metodo di comparazione consiste, poi, nel confrontare tra loro le proporzioni rispettive di lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento all’interno della manodopera di sesso maschile e le medesime proporzioni nell’ambito della manodopera femminile.
Il giudice deve anche valutare in quale misura i dati statistici prodotti siano affidabili e se possano essere presi in considerazione verificando, in particolare, che non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e che siano sufficientemente significativi (C-389/2020).
In conclusione, per applicare correttamente il metodo di comparazione, il giudice deve individuare, nell’ambito dei destinatari del provvedimento, in quale percentuale dei lavoratori di sesso maschile vi sono soggetti con contratti part-time o con contratti full-time ed in quale percentuale delle lavoratrici di sesso femminile vi sono dipendenti con contratti part-time o full-time.
All’esito del raffronto tra le rispettive percentuali, l’effetto discriminatorio emerge qualora i dipendenti part-time siano costituiti in percentuale significativamente prevalente da donne.
In detta eventualità, spetta al datore di lavoro provare la sussistenza della causa di giustificazione prevista dall’articolo 25, comma 2, d.lgs. 198/2006 ovvero che il provvedimento adottato riguardi requisiti essenziali allo svolgimento della attività lavorativa, risponda ad un obiettivo legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (Cass. 21801/2021).
Conclusioni
Una politica aziendale che persegua l’obiettivo di una gestione etica e sostenibile in termini ESG non può trascurare i rischi derivanti da fenomeni di discriminazione indiretta, anche di genere.
Lo Studio è a Vostra disposizione per supportarvi nell’adempimento degli obblighi di legge in materia di parità di genere e, in generale, nell’aggiornamento delle policy esistenti e nell’individuazione e predisposizione di quelle nuove, utili al soddisfacimento degli obiettivi ESG.
Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it