Dirigenti e ferie non godute. Una panoramica della recente giurisprudenza.

Last Updated on Febbraio 12, 2024

Il rapporto di lavoro del dirigente è soggetto a una disciplina diversa da quella prevista per gli altri lavoratori subordinati. Ciò in quanto il dirigente, quale alter ego dell’imprenditore, gode di grande autonomia e fiducia all’interno dell’organizzazione d’impresa.

Le peculiarità di questa disciplina si riscontrano, ad esempio, in materia di orario di lavoro. Infatti, l’art. 17, comma 5 del D.lgs. n. 66/2003 stabilisce che le disposizioni vigenti in materia di orario normale di lavoro, durata massima dell’orario, lavoro straordinario, riposo giornaliero, pause, organizzazione e durata del lavoro notturno non si applicano al personale con qualifica dirigenziale.

Nell’ambito della disciplina dell’orario di lavoro merita, poi, un approfondimento la questione relativa alla fruizione delle ferie, essendo spesso il dirigente in condizione di poter stabilire in piena autonomia il relativo periodo senza particolari interferenze o limiti. Che succede, quindi, se il dirigente non va in ferie? Vediamo insieme cosa dice la recente giurisprudenza.

Il divieto di monetizzazione delle ferie. Principi generali

Secondo l’art. 10 comma 2 del D.lgs. n. 66/2003 il periodo annuale minimo di ferie di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute.

Il divieto di monetizzazione delle ferie è finalizzato a garantirne il godimento effettivo che sarebbe vanificato qualora se ne consentisse la sostituzione con un’indennità: essa non può essere ritenuta equivalente rispetto alla necessaria tutela della sicurezza e della salute in quanto non permette al lavoratore di reintegrare le energie psico-fisiche (Corte Cost. 95/2016).

Esistono due eccezioni al divieto di monetizzazione delle ferie:

  1. gli eventuali periodi di ferie eccedenti le 4 settimane riconosciuti dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale che, come chiarito dal Ministero del Lavoro con circolare n. 8/2005, «possono essere fruiti anche successivamente ai 18 mesi dalla loro maturazione e possono essere oggetto di monetizzazione, salvo eventuali specifiche previsioni di legge o di contrattazione collettiva»;
  • la cessazione del rapporto, eccezione espressamente prevista nella seconda parte del comma 2 dell’art. 10 citato.

Per maggiori dettagli si veda anche il nostro approfondimento “Ferie del dipendente: retribuzione, monetizzazione e accorgimenti per garantire lo smaltimento”.

Il caso dei dirigenti apicali

Il dirigente apicale, a differenza degli altri dipendenti, gode di autonomia piena nell’organizzazione dei tempi e dei modi della propria attività senza alcun controllo, se non esterno e di massima, da parte del datore di lavoro.

Per la posizione apicale ricoperta il dirigente ha anche il potere di attribuirsi le ferie in piena autonomia, senza alcun condizionamento.

Qualora il dirigente non eserciti tale potere e non fruisca del periodo di riposo annuale, è ragionevole ritenere che la mancata fruizione sia conseguenza di un’autonoma scelta, circostanza che esclude l’inadempimento colpevole del datore e, di conseguenza, il diritto al risarcimento del danno.

Pertanto, «il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto all’indennità sostitutiva a meno che non provi di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive» (Cass. 27971/2018; Cass. 23697/2017; Cass. 4920/2016).

Dunque, il dirigente apicale ha l’onere di provare di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive. Solo in tal caso sorgerà il diritto all’indennità sostitutiva (Cass. 23697/2017). I suddetti principî sono stati ribaditi anche di recente dalla Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul caso di un dirigente apicale che chiedeva il pagamento delle ferie maturate e non godute, ma senza fornire la prova che la mancata fruizione fosse dipesa da esigenze aziendali assolutamente eccezionali e obiettive. Sul punto la Suprema Corte ha, infatti, chiarito che non è sufficiente allegare la mera programmazione delle assenze secondo un criterio di compatibilità con le esigenze aziendali (Cass. 31509/2023).

Conclusioni

La recente giurisprudenza ha confermato la peculiarità del rapporto di lavoro dirigenziale anche in materia di fruizione delle ferie, prevedendo un trattamento diverso (i.e. perdita dell’indennità sostitutiva) per il dirigente che sia in condizione di decidere in piena autonomia quando andare in ferie e non provi la sussistenza di esigenze aziendali obiettive ed eccezionali che gli hanno impedito il riposo.

Lo Studio è a Vostra disposizione per consigliarvi la strategia da adottare al fine di evitare rivendicazioni da parte dei dirigenti in materia di ferie non godute e fornire i chiarimenti necessari in merito alle questioni esaminate.

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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