Licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Quali sono i limiti all’obbligo di repêchage?

Il repêchage è un istituto di creazione giurisprudenziale che consiste nell’obbligo del datore di lavoro di vagliare tutte le possibilità di ricollocazione del dipendente prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo (di seguito GMO).

La finalità dell’istituto è, dunque, quella di garantire che il recesso datoriale rappresenti l’extrema ratio, nell’ottica di un contemperamento tra l’interesse dell’imprenditore a un’organizzazione produttiva ed efficiente e quello del dipendente alla stabilità del posto di lavoro.

Chiaramente non si può arrivare fino al punto di chiedere al datore uno sforzo irragionevole che comporti un’alterazione dell’organizzazione aziendale o oneri economici ed organizzativi eccessivi. 

Vediamo, pertanto, nel dettaglio i principali limiti al repêchage individuati dalla giurisprudenza.

Il repêchage – come anticipato in premessa – non è espressamente previsto dal legislatore che all’art. 3 della L. 604/66 dispone che il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da «…..ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa».

Un esplicito fondamento positivo dell’obbligo di repêchage è rinvenibile solo nella disciplina di garanzia del diritto al lavoro dei disabili. In particolare

  • secondo l’art. 4 comma 4 della L. 68/1999 l’infortunio o la malattia – quali cause di sopravvenuta inidoneità alla mansione – non costituiscono «giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori»;
  • secondo l’art. 10 comma 3 della L. 68/1999 il rapporto di lavoro con un disabile obbligatoriamente assunto può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la competente commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’organizzazione aziendale.

La giurisprudenza, dunque, ispirandosi alla disciplina sopra richiamata e nell’ottica di un equo bilanciamento tra l’interesse del datore a un’organizzazione produttiva ed efficiente e quello del dipendente alla stabilità del posto di lavoro, ha inserito il repêchage nel campo di indagine sulla legittimità del licenziamento per GMO. 

Esaminiamo, a questo punto, i principali limiti dell’obbligo di repêchage.

Il primo limite all’obbligo di repêchage del datore di lavoro riguarda l’ambito di applicazione soggettivo. 

L’obbligo in esame non sussiste, infatti, nei confronti dei dirigenti. Come previsto da consolidata giurisprudenza, ai fini della giustificatezza del licenziamento del dirigente per soppressione della posizione non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali di cui alla L. 604/66 ed è sufficiente che il datore adduca un motivo che non risulti pretestuoso, arbitrario o del tutto assente, senza la necessità di verificare la possibilità di ricollocare il dirigente. La libera recedibilità – connaturata alla posizione dirigenziale – è, dunque, inconciliabile con l’obbligo di repêchage (Cass. 1581/2023; Cass. 6540/2024).

Quali mansioni offrire?

Prima di procedere con il licenziamento il datore di lavoro deve verificare se nell’organigramma siano presenti mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, secondo la nuova formulazione dell’art. 2103 c.c.

Per quanto riguarda le mansioni inferiori, invece, già prima del Jobs Act la giurisprudenza sosteneva che l’interesse alla conservazione del posto di lavoro dovesse prevalere sull’interesse al mantenimento della professionalità acquisita dal dipendente. L’orientamento giurisprudenziale che estendeva l’obbligo di repêchage alle mansioni inferiori è stato poi confermato a seguito della modifica dell’art. 2103 c.c. – avvenuta con D.lgs. 81/2015.  

Chiaramente esiste un limite invalicabile all’obbligo del datore ed è costituito dalla necessaria ragionevolezza dell’operazione che non deve comportare rilevanti modifiche organizzative, ampliamenti di organico o innovazioni strutturali. 

Inoltre, ai fini dell’obbligo del repêchage «non vengono in rilievo tutte le mansioni inferiori dell’organigramma aziendale, ma solo quelle che siano compatibili con il bagaglio professionale del prestatore (cioè che non siano disomogenee e incoerenti con la sua competenza) ovvero quelle che siano state effettivamente già svolte, contestualmente o in precedenza» (Cass. 31520/2019; Cass. 5981/2022).

Sul punto la Cassazione si è pronunciata anche di recente confermando che l’obbligo datoriale di repêchage è limitato alle mansioni inferiori compatibili con il bagaglio professionale di cui il lavoratore sia dotato al momento del licenziamento e che non necessitino, dunque, di una specifica formazione che il lavoratore non possieda (Cass. 17036/2024). La posizione assunta dalla Suprema Corte – espressa anche in una pronuncia di poco antecedente – esclude, pertanto, che il datore sia tenuto a fornire un’ulteriore o diversa formazione per salvaguardare il posto di lavoro: l’obbligo di repêchage va ricondotto nell’esclusivo alveo della fungibilità delle mansioni in concreto attribuibili al lavoratore e«non implica anche l’obbligo di organizzare corsi di formazione, previsti per la diversa ipotesi di esercizio dello ius variandi ex art. 2103 c.c. come novellato dal d.lgs. n. 81 del 2015» (Cass. 10627/2024).

Gruppi di imprese e obbligo di repêchage

Per quanto riguarda, invece, l’ambito di applicazione oggettivo, l’orientamento giurisprudenziale consolidato ritiene che il tentativo di repêchage debba avvenire nell’ambito dell’intero complesso aziendale e non soltanto dell’unità produttiva dove il lavoratore è impiegato. 

Analizzando, poi, le ipotesi di società strutturate come gruppi di imprese, la giurisprudenza ritiene che i rapporti di lavoro dei dipendenti vadano imputati rispettivamente alle società che ne siano titolari, per cui non è configurabile – ad esempio – l’obbligo di repêchage in capo alle altre società del gruppo, non costituendo di regola un unico centro di imputazione di interessi.

Diverso, invece, è il caso di utilizzo improprio dello schema societario per cui l’obbligo di repêchage – inerente a un rapporto formalmente intercorso tra un lavoratore e una delle società – si estende a tutte le società del gruppo. Affinché ciò avvenga, però, non è sufficiente il mero collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società appartenenti a un medesimo gruppo in quanto tale collegamento di per sé non comporta il venire meno dell’autonomia delle singole società, dotate di personalità giuridica distinta e alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio. Perché sia riscontrabile un unico centro di imputazione di interessi è necessario, invece, che sia provata la sussistenza di altri fattori quali l’unicità della struttura organizzativa e produttiva, il coordinamento tecnico e amministrativo/finanziario, l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (Cass. 1656/2020; Cass. 29179/2018).che i datori di lavoro hanno a disposizione per incentivare i dipendenti prossimi alla pensione a risolvere il proprio rapporto di lavoro, come l’Isopensione, previsto dall’art. 4 L. 92/2012.

Conclusioni

L’obbligo di repêchage non deve essere inteso in maniera eccessivamente rigida e tale da chiedere all’imprenditore uno sforzo irragionevole che possa comportare un’alterazione dell’organizzazione aziendale o oneri economici ed organizzativi eccessivi. Sono diversi, infatti, i limiti al repêchage individuati dalla giurisprudenza che anche di recente ha confermato – ad esempio – che non è consentito giungere al punto di considerare come posizione utile ai fini del repêchage quella che in nessun modo sia riferibile alla professionalità posseduta dal dipendente.

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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