Le invenzioni del dipendente: un dibattito ancora aperto

Last Updated on Ottobre 9, 2020

Di: Avv. Wanda Falco

Nelle moderne realtà aziendali le conoscenze e la creatività dei dipendenti assumono sempre più rilevanza contribuendo allo sviluppo tecnologico e alla concorrenzialità delle imprese.

Ciò ha reso necessario disciplinare l’attività inventiva realizzata nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato. La disciplina di riferimento è attualmente contenuta nel Codice della proprietà industriale (D.lgs. 30/2005) che prevede, di fatto, una deroga alla regola generale del diritto industriale, secondo cui all’autore dell’invenzione spettano il diritto al brevetto e i diritti patrimoniali conseguenti: tale deroga appare coerente con la fisiologia del rapporto di lavoro, che attribuisce all’impresa i risultati del lavoro prestato dal dipendente. 

In sostanza, la ratio di questa particolare disciplina va individuata principalmente nell’iniziativa dell’imprenditore che, stipulando un contratto di lavoro nel quale è dedotta un’obbligazione avente ad oggetto lo svolgimento di attività finalizzata a un’invenzione,sopporta il costo e, soprattutto, il rischio economico derivante dall’aleatorietà del risultato e, quindi, ha diritto di utilizzare economicamente il risultato dell’attività oggetto del contratto di lavoro

L’esigenza di tutelare l’interesse dell’imprenditore ad acquisire i risultati degli investimenti economici deve, però, essere contemperata con l’interesse del lavoratore a conseguire un concreto riconoscimento del proprio apporto creativo che contribuisce al progresso scientifico e tecnico. 

Per tale ragione, il legislatore ha distinto tra diverse fattispecie di invenzioni, quali le invenzioni di servizio, le invenzioni d’azienda e le invenzioni occasionali

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Le invenzioni del dipendente ex art. 64 c.p.i.

L’art. 64 comma 1 c.p.i. disciplina le invenzioni di servizio, cioè le invenzioni alle quali il lavoratore perviene nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro nel quale l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto ed è a tale scopo retribuita.

In tal caso le invenzioni appartengono al datore di lavoro limitatamente al loro sfruttamento economico, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore. 

In sostanza, si parla di invenzioni di servizio se: 

  1. l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto;
  2. l’attività inventiva risulta già compensata dalla normale retribuzione.

L’art. 64 comma 2 c.p.i., invece, disciplina le invenzioni d’azienda ovvero quelle invenzioni realizzate nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto di lavoro, ma senza che sia prevista una retribuzione in compenso dell’attività inventiva. Anche in questo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, mentre al lavoratore spetta un equo premio, qualora il datore di lavoro o suoi aventi causa ottengano il brevetto o utilizzino l’invenzione in regime di segretezza industriale. 

Infine, si parla di invenzioni occasionali con riferimento a quelle realizzate in costanza di un rapporto di lavoro avente ad oggetto un’attività estranea al risultato raggiunto. Il concetto di invenzione occasionale, dunque, viene utilizzato per ogni altra invenzione del dipendente che non presenta i caratteri delle precedenti, ma comunque “ri­entri nel campo di attività” del suo datore di lavoro. Tale tipo di invenzione appartiene al lavoratore, ma il datore può esercitare l’opzione per l’uso o per l’acquisto del brevetto dietro pagamento di un corrispettivo. 

Una delle questioni che spesso è stata sottoposta al vaglio dei giudici è quella della sussistenza, nello specifico caso concreto, di una invenzione di servizio o di azienda al fine di stabilire se spetti l’equo premio al dipendente. Nel paragrafo seguente, pertanto, ci si soffermerà sulle differenze tra questi due tipi di invenzioni e sui recenti approdi della giurisprudenza.

Cosa distingue le invenzioni di servizio dalle invenzioni d’azienda?

I orientamento 

Come evidenziato da un orientamento piuttosto risalente, l’elemento distintivo tra le invenzioni di servizio e le invenzioni di azienda risiede principalmente nel fatto che nel primo caso l’invenzione è realizzata nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto e come tale specificamente retribuita, mentre nel secondo caso l’invenzione è il frutto di un’attività inventiva svolta occasionalmente ossia non compresa tra le mansioni del dipendente (Cass. 4091/1990). 

L’elemento distintivo, dunque, consiste nel fatto che nell’invenzione di servizio oggetto del contratto è l’attività inventiva cioè il particolare impegno per raggiungere un risultato prefigurato dalle parti per cui è corrisposta una speciale retribuzione che serve proprio a compensare lo sforzo di ricerca di un “quid novi” assunto contrattualmente (Cass. 11305/2003).

Nell’invenzione d’azienda, invece, la prestazione del dipendente non consiste nel perseguimento di un risultato inventivo, sicché il conseguimento di questo non rientra nell’oggetto dell’attività dovuta, anche se resta pur sempre collegata a questa stessa attività (Cass. 14439/2000).

Si ricade, pertanto, nell’invenzione di servizio quando le mansioni del lavoratore siano potenzialmente idonee a produrre invenzioni (il caso tipico è quello del responsabile del laboratorio di ricerca) o quando il lavoratore abbia ricevuto un espresso incarico inventivo mentre si ricade nell’invenzione d’azienda solo quando l’invenzione è frutto di un’attività inventiva svolta occasionalmente (Cass. 2732/1992).

II orientamento

Esiste, poi, un orientamento secondo cui sia l’invenzione di servizio che l’invenzione di azienda presuppongono lo svolgimento, da parte del dipendente, di un’attività lavorativa di ricerca volta all’invenzione, ma l’elemento distintivo tra le due ipotesi risiede essenzialmente nella presenza, o meno, di un’esplicita previsione contrattuale di una speciale retribuzione costituente corrispettivo dell’attività inventiva, in difetto della quale spetta al dipendente autore dell’invenzione l’attribuzione di un equo premio (Cass. n. 1285/2006).

Sia nell’invenzione di servizio che in quella d’azienda, l’oggetto del contratto di lavoro è sempre l’attività inventiva intesa come attività astrattamente idonea a condurre ad un’invenzione, con l’unica differenza che nel primo caso tale attività è direttamente e specificatamente retribuita, mentre nel secondo essa verrebbe retribuita come mera attività di ricerca, salva poi l’attribuzione, al momento dell’invenzione, del diritto al c.d. equo premio.

Una soluzione intermedia 

Accanto a questi due orientamenti piuttosto risalenti si sta facendo strada un diverso approccio che sembra dare un valore preminente alla pattuizione contrattuale nel suo insieme e alla volontà delle parti a prescindere dalle pattuizioni esplicite risultanti dal contratto. 

Si segnala, in particolare, il caso di un dirigente, assunto con mansioni che specificamente comprendevano attività inventiva, ma il cui trattamento economico – sebbene molto cospicuo – non prevedeva una specifica componente esplicitamente volta a retribuire tale attività inventiva. Il lavoratore agiva, pertanto, per il riconoscimento dell’equo premio (Cass. 14371/2014).

La Corte si è distaccata dall’approccio formalistico sostenuto dall’orientamento maggioritario, che riteneva inidonea a provare la specifica retribuzione la circostanza secondo cui il dipendente-inventore godesse di un trattamento economico superiore alla media e ha interpretato il contratto alla luce della volontà delle parti chiedendosi se queste avessero voluto in effetti pattuire una retribuzione che fosse anche corrispettivo dell’obbligo del dipendente di svolgere un’attività inventiva.

La cospicua entità del trattamento economico complessivo riconosciuto al dirigente (L. 155.000.000 annue oltre ad un superminimo che quasi raddoppiava la retribuzione del dirigente) risultava giustificata proprio in ragione dell’oggetto della prestazione consistente nello sviluppo di nuovi prodotti e/o applicazioni attraverso l’innovazione dei cicli e tecnologia di processo, e nella ideazione e progettazione di prodotti o cicli di fabbricazione complessi. In altre parole, le mansioni concretamente svolte dal dipendente (mansioni di “contenuto particolarmente pregnante nelle funzioni progettuali”) nonché il notevole trattamento economico stabilito a corrispettivo delle prestazioni, costituivano segno evidente della comune volontà delle parti di remunerare l’attività inventiva.

La Corte, così come i giudici di merito, ha quindi respinto la richiesta di “equo premio” avanzata dal lavoratore dipendente ritenendo che l’invenzione spettasse all’azienda in quanto frutto dell’attività lavorativa già retribuita nel contratto.

Conclusioni

La disciplina delle invenzioni del dipendente è frutto del contemperamento tra l’interesse del lavoratore a conseguire un concreto riconoscimento del proprio apporto creativo e le esigenze dell’imprenditore, che ha diritto di utilizzare economicamente il risultato dell’attività oggetto del contratto di lavoro, essendo il soggetto che sopporta il costo e, soprattutto, il rischio economico derivante dall’aleatorietà del risultato. 

Una delle questioni che spesso è stata sottoposta al vaglio dei giudici è quella della sussistenza, nello specifico caso concreto, di una invenzione di servizio o di azienda al fine di stabilire se spetti l’equo premio al dipendente.

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