Social media e influencer marketing: le nuove frontiere del diritto del lavoro

social media, ormai parte integrante della quotidianità, sono un nuovo mezzo di comunicazione di massa spesso capace di orientare le scelte dei consumatori. 

Le imprese hanno prontamente colto l’opportunità offerta da questi strumenti innovativi per esplorare le preferenze degli utenti e raggiungere un numero potenzialmente illimitato di destinatari. 

É proprio in questo contesto che si inserisce il fenomeno dell’influencer marketing, una forma di marketing in cui le società – al fine di aumentare l’esposizione del marchio – collaborano con personaggi che hanno un seguito sui social e pubblicano contenuti che promuovono i loro prodotti o servizi. 

Come accaduto con i rider (c.d. ciclofattorini), iniziano a sorgere dubbi anche sulla qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro degli influencer, dubbi che per il momento hanno trovato una parziale risposta in una sola sentenza che esamineremo a breve.

Vediamo nel dettaglio i principali aspetti da considerare.

La figura dell’influencer. 

social sono il nuovo canale attraverso il quale promuovere prodotti e servizi, promozione che diventa più capillare se ci si affida ad un influencer.

Chi è l’influencer?

È un soggetto in grado di influenzare le opinioni, gli atteggiamenti e le scelte di altre persone grazie alla sua reputazione e autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse.

Si tratta, dunque, di una figura professionale che, grazie alla sua popolarità e alla capacità di fidelizzare i propri follower, può diventare anche strumento di comunicazione di un brandinfluenzando le scelte d’acquisto del proprio pubblico. In genere si tratta di un esperto di settore che con i propri post – pubblicati sui canali web che ritiene più opportuni ed adeguati come Instagram, YouTube, Facebook – offre maggiore visibilità a prodotti o servizi di un’impresa dietro pagamento di un compenso.

Qualificazione del rapporto di lavoro degli influencer: la prima sentenza sul tema

Per il momento l’unica pronuncia sulla questione della qualificazione del rapporto di lavoro degli influencer è la sentenza del Tribunale di Roma n. 2615/2024.

Il caso esaminato riguarda un accertamento ispettivo della Fondazione Enasarco nei confronti di un’impresa che si occupa di vendita online di integratori alimentari, pubblicizzati attraverso l’attività di promozione di atleti professionisti, personal trainer e body builder

Il giudice di merito ha respinto il ricorso della società avverso il verbale con il quale l’autorità ispettiva aveva accertato la sussistenza di rapporti di agenzia ex art. 1742 c.c., condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento dei contributi dovuti.

Sul punto è, dunque, stata affrontata la questione relativa alla differenza tra il contratto di agenzia e quello di procacciamento d’affari. 

Secondo consolidata giurisprudenza  i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contrattiper conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo, con quest’ultimo, una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. 

Il rapporto del procacciatore d’affari si concreta, invece, nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti per trasmetterle all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni (Cass. 15993/2023; Cass. 10046/2023; Cass. 22524/2021).

Venendo al caso in esame, i suddetti influencer sono stati qualificati dal giudice di prime cure come agenti di commercio e non come procacciatori d’affari, ricorrendo i seguenti presupposti:

– lo scopo del contratto è quello di vendere i prodotti direttamente ai follower che in sede di acquisto devono inserire il codice sconto personalizzato associato all’influencer; il giudice ha precisato che l’oggetto del contratto concluso con l’influencer non è un’attività di mera propaganda, ma di promozione, attraverso l’uso dei codici sconto, della conclusione di contratti di vendita dei prodotti della società. É irrilevante il modo attraverso cui l’influencerinduca i suoi follower all’acquisto in quanto non è necessario che si rivolga individualmente a ciascuno di loro, ma è sufficiente che presenti le caratteristiche del prodotto e il prezzo, sollecitandone l’acquisto. Sul punto la Cassazione, infatti, sostiene che nel contratto di agenzia la prestazione dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del proponente (Cass. 20453/2018);


– la presenza di una zona determinata che ben può essere intesa come comunità dei follower dell’influencer che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto personalizzato (la zona determinata, dunque, può consistere non solo in una zona geografica, ma anche in un determinato segmento di mercato che nel caso dell’influencer è il perimetro entro il quale è iscritta la popolazione di follower che acquistano prodotti usando il codice sconto); 


– il vincolo di stabilità desumibile dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni ricevute e dalla sistematica emissione di fatture per una serie indeterminata di affari procurati attraverso l’attività promozionale; depone, inoltre, a favore della stabilità anche la durata del contratto, stipulato a tempo indeterminato nell’ottica quindi di un rapporto stabile e predeterminato.

Sono risultati, invece, irrilevanti i seguenti aspetti:

  1. l’influencer non è destinatario di direttive ed istruzioni, atteso che il mercato in questione, nel mondo web, è altamente standardizzato, l’acquisto si effettua con un click e le condizioni di vendita sono fissate una volta per tutte;
  2. l’assenza di esclusiva nei rapporti con gli influencer in quanto l’esclusiva integra un elemento naturale, ma non essenziale del contratto di agenzia che – come da consolidata giurisprudenza – può essere derogato dalle parti espressamente o per facta concludentia (Cass. 17063/2011).

Dall’analisi compiuta dal Tribunale di Roma è possibile concludere che il discrimen tra una mera attività di propaganda e un’attività di promozione tipica del contratto di agenzia sia la presenza, nel caso di specie, di codici sconto tramite cui gli influencer invitano i followerall’acquisto e che consentono altresì di ricondurre all’influencer le vendite effettuate.

Ma che succede se gli influencer pubblicizzano un prodotto senza invitare all’acquisto mediante l’uso di codici di sconto?

Come evidenziato dall’Avv. Ornella Patanè, partner di Toffoletto De Luca Tamajo, «in tali ipotesi, probabilmente, l’influencer non è un agente ai sensi dell’art. 1742 cod. civ., bensì un “agente propagandista”, che agente non è. Infatti, la propaganda costituisce una parte essenziale dell’oggetto del contratto di agenzia, ma non sufficiente per qualificare un contratto come di agenzia. La pubblicità dei prodotti, infatti, in sé e per sé non esaurisce l’attività dell’agente che ha anche l’obbligazione di invitare il terzo a rivolgere una proposta di acquisto al preponente».

Caratteristica essenziale del contratto di agenzia è, infatti, l’obbligazione di una parte di invitare un terzo a rivolgere una proposta all’altra parte. Ciò significa che, in mancanza della cd. invitatio ad offerendum, la mera propaganda di un prodotto svolta dagli influencernon comporta la costituzione di un contratto di agenzia, ma di un contratto diverso che potrebbe qualificarsi come di prestazione d’opera intellettuale. Nel caso di specie, pertanto, il Tribunale di Roma ha correttamente individuato nel codice sconto presente nelle pagine social, che portava al sito della società venditrice, una forma (moderna) di invito all’acquisto che consente la qualificazione dei contratti con gli influencer in questione come di agenzia (sul punto si veda “O. Patanè, Gli influencer sono agenti di commercio? NT+Lavoro del 17/06/2024).

Conclusioni

La crescente diffusione dei social come mass media ha radicalmente trasformato le strategie di marketing delle imprese che sempre più spesso si rivolgono agli influencer per pubblicizzare i propri prodotti e servizi. 

La diffusione del fenomeno ha, da un lato, reso necessario regolamentare le attività dei creator affinché siano in linea con le disposizioni in materia di concorrenza e mercato e dall’altro ha inevitabilmente sollevato dubbi circa la qualificazione dei loro rapporti di lavoro.

Toffoletto De Luca Tamajo è a disposizione per qualsiasi chiarimento e per supportarvi nella predisposizione dei contratti.

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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