Rider e lavoro digitale: le ultime novità tra legge, giurisprudenza e contrattazione collettiva.

Last Updated on Novembre 6, 2020

Di: Avv. Wanda Falco

Nel corso dell’ultimo anno si sono registrate alcune novità in materia di lavoro digitale e in particolare di tutele per i rider.

A seguito dell’articolato dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro dei ciclo-fattorini, il legislatore è intervenuto con un decreto legge convertito a novembre 2019 (per una ricostruzione del dibattito giurisprudenziale in materia si veda il nostro approfondimento “ Gig economy: quando il lavoro incontra la tecnologia ”).

Successivamente all’entrata in vigore della legge in questione sono anche intervenuti la pronuncia della Cassazione sul caso Foodora e il CCNL lavoro digitale del 15/09/2020 stipulato da Assodelivery e UGL rider.

Vediamo, pertanto, nel dettaglio le più recenti novità in materia.

La legge di conversione del DL rider

  1. I rider etero-organizzati

Con la legge di conversione del DL rider (L. 128/2019) la formulazione dell’art. 2 D.lgs. 81/2015 (rubricato collaborazioni organizzate dal committente”) diventa la seguente: “A far data dal primo gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinatoanche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.

Il legislatore è, dunque, intervenuto in modo da rendere più facile l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, stabilendo la sufficienza di prestazioniprevalentemente” e non più “esclusivamente” personali, menzionando esplicitamente il lavoro svolto attraverso piattaforme digitali e, quanto all’elemento della etero-organizzazione, eliminando le parole “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, così mostrando chiaramente l’intento di incoraggiare interpretazioni non restrittive di tale nozione (Cass. 1663/2020). 

Le modifiche intervenute sono state oggetto anche di una recente circolare dell’Ispettorato del lavoro (la n. 7 del 30/10/2020) secondo cui:

  1. la novella ha sostituito l’espressione “esclusivamente personali” con “prevalentemente personali”, rifacendosi al rapporto di collaborazione indicato dall’art. 409 c.p.c. (definito come prestazione di opera continuativa e coordinata e “prevalentemente personale”). Ciò comporta che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 1 le prestazioni che siano svolte anche con l’ausilio di altri e quelle prestazioni che vengono rese anche mediante l’utilizzo di strumentazione o mezzi nella disponibilità del collaboratore;
  2. è stato, inoltre, abrogato il riferimento alla necessaria predeterminazione da parte del committente dei tempi e del luogo di lavoro che, pertanto, non risultano più i parametri esclusivi per la definizione del modello etero-organizzato, ma restano, tuttavia, elementi di raffronto di assoluto rilievo per l’individuazione della fattispecie; dunque, sussiste etero-organizzazione quando la prestazione del rider è integrata nell’organizzazione d’impresa del committente che interviene unilateralmente nella determinazione delle modalità esecutive della stessa senza lasciare nessuno spazio d’intervento alla discrezionalità del collaboratore; 
  3. la sussistenza di una etero-organizzazione non determina una riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato, ma l’applicazione al rider della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che è esclusa l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli obblighi connessi all’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, quali la comunicazione preventiva e la consegna della dichiarazione di assunzione.

In conclusione, ai rider etero-organizzati si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Tuttavia, come vedremo nel paragrafo che segue, la giurisprudenza (anche se relativa a rapporti di lavoro anteriori all’entrata in vigore della legge) ha manifestato dubbi circa l’applicabilità in toto ai rider etero-organizzati della disciplina del rapporto di lavoro subordinato stante l’ontologica incompatibilità della peculiarità del rapporto di lavoro dei rider con alcune delle tutele del rapporto di lavoro subordinato. 

  1. I rider autonomi 

Per quanto riguarda i rider autonomi, invece, il legislatore ha previsto alcune tutele inserendo nel D.lgs. 81/2015 il Capo V-bis recante “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali”. In particolare è stabilito che:

  • contratti individuali di lavoro dei rider autonomi sono provati per iscritto e i lavoratori devono ricevere ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza (art. 47-ter);
  • i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente; in mancanza di tali contratti, i rider autonomi non possono  essere  retribuiti in base alle consegne effettuate, ma hanno diritto a un compenso minimo orario parametrato ai  minimi  tabellari stabiliti da CCNL di  settori  affini (art. 47-quater);
  • deve essere garantita un’indennità integrativa non inferiore al 10 % per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli (art. 47-quater);
  • si applica la disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore con la conseguenza che sono vietate l’esclusione dalla piattaforma e le riduzioni delle occasioni di lavoro in caso di mancata accettazione della prestazione (art. 47-quinquies);
  • spetta la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (art. 47-septies).

L’epilogo del caso Foodora: la sentenza della Cassazione del 24/01/2020, n. 1663

La vicenda dei rider di Foodora (relativa a rapporti di lavoro anteriori all’entrata in vigore della nuova legge sui rider) ha visto una conclusione con la pronuncia della Cassazione di gennaio 2020 che ha confermato la Corte d’Appello di Torino, ma ha fatto anche alcune precisazioni.

La Suprema Corte, in linea con la pronuncia di appello, ha evidenziato come il rapporto di lavoro dei rider di Foodora sia riconducibile alle collaborazioni etero-organizzate di cui all’art. 2 D.lgs. 81/2015 in considerazione del fatto che: il lavoratore era libero di candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilità ed esigenze; poteva recedere liberamente dal contratto anche prima della scadenza concordata; venivano comunicati tramite app gli indirizzi cui di volta in volta effettuare la consegna; il rider si impegnava ad eseguire la prestazione avvalendosi di una propria bicicletta; una volta candidatosi per una corsa si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo.

Indubbiamente le modalità di esecuzione della prestazione erano organizzate dalla committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro, elemento rilevante per la qualificazione della fattispecie. La Corte, infatti, si pronuncia su un caso anteriore all’entrata in vigore della legge sui rider, al quale trova, dunque, applicazione la vecchia formulazione dell’art. 2 D.lgs. 81/2015 secondo cui l’organizzazione dei tempi e del luogo di lavoro era indice essenziale dell’esistenza di una collaborazione etero-organizzata.

Tuttavia, la Suprema Corte interpreta l’art. 2 D.lgs. 81/2015 in modo diverso dai giudici di secondo grado: secondo la Corte d’Appello il lavoratore etero-organizzato restava tecnicamente “autonomo”, ma era destinatario della disciplina del lavoro subordinato limitatamente a sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza. In sostanza, la Corte d’Appello aveva ricondotto l’attività dei ciclofattorini nell’alveo di un tertium genus tra co.co.co. e lavoro subordinato, facendo di conseguenza una selezione delle tutele spettanti, escludendo, ad esempio, l’applicazione della disciplina di tutela contro i licenziamenti illegittimi (in quanto non era riconosciuta nel caso di specie la subordinazione). 

La Cassazione è di diverso avviso e dissente dalla scelta della Corte d’Appello di inquadrare la fattispecie in un tertium genus intermedio tra autonomia e subordinazione con la conseguente esigenza di selezionare la disciplina applicabile

Secondo la Suprema Corte, al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dall’art. 2 comma 1 D.lgs. 81/2015 la legge ricollega imperativamente l’applicazione della disciplina della subordinazione: “non ha senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione siano collocabili nel campo della subordinazione o dell’autonomia perché ciò che conta è che per esse, in un terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha statuito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato”. 

La norma, come osservato dalla Corte, infatti, non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile a differenza di altri casi in cui il legislatore ha utilizzato la tecnica dell’equiparazione precisando quali istituti della disciplina del lavoro subordinato andassero estesi. 

Tuttavia, la Cassazione poco dopo rileva che non possono escludersi situazioni in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare. Da ciò si desume che l’individuazione di queste situazioni di incompatibilità non potrà che essere rimessa al giudice del caso concreto (si veda A. Bottini, Collaboratori a piccole dosi e da gestire con attenzione, in Sole24Ore del 19/02/2020).

Sono, dunque, leciti i dubbi circa l’opportunità di applicare l’insieme delle protezioni proprie del lavoro subordinato considerata la forma di organizzazione che caratterizza il lavoro dei rider. La piena equiparazione al lavoro etero-diretto comporta “il problema di una difficile selezione tra le tutele del lavoro subordinato in quanto non tutte si attagliano a una prestazione lavorativa così peculiare, se non altro per i continui intervalli nello svolgimento e per gli strumenti informatici utilizzati” ( R. De Luca Tamajo, La sentenza della Corte d’Appello di Torino sul caso Foodora. Ai confini tra autonomia e subordinazione ).

Il CCNL lavoro digitale del 15/09/2020

In questo quadro interviene il primo CCNL lavoro digitale, sottoscritto il 15/09/2020 da Assodelivery e UGL rider, che qualifica a priori il rapporto di lavoro dei rider come autonomo, dando adito alle critiche del Ministero del Lavoro.

Tra le novità più interessanti si segnalano le seguenti: 

  • gli accordi tra piattaforme e rider sono contratti di lavoro autonomo privi di vincoli di esclusiva ed è ammessa la prestazione di servizi anche per piattaforme in concorrenza diretta
  • la natura autonoma del rapporto preclude la maturazione di compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato;
  • è riconosciuta ai rider la facoltà di rifiutare le proposte di consegna, nonché la possibilità di scegliere come, dove, quando e quanto rendersi disponibili e la facoltà di connettersi o meno alle piattaforme software o applicazioni a loro discrezione; 
  • spetta un compenso minimo per una o più consegne pari a 10 euro lordi l’ora;
  • in aggiunta al compenso minimo spetta un’indennità integrativa in caso di lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli;
  • la piattaforma si impegna a mettere a disposizione dei rider, a titolo gratuito, almeno un indumento ad alta visibilità e il casco per coloro che svolgono consegne in bicicletta;
  • il rider ha diritto alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e a una copertura assicurativa, indipendentemente dal mezzo utilizzato, contro eventuali danni a cose o a terzi che questi dovesse arrecare in occasione dell’esecuzione delle prestazioni di lavoro oggetto del contratto di lavoro autonomo. 

Su questo CCNL si è pronunciato il Ministero del Lavoro che con comunicazione n. 29 del 17 settembre 2020 ha bocciato il testo sotto diversi profili. In particolare:

  1. la sottoscrizione da parte di una sola sigla sindacale non sembrerebbe idonea a soddisfare il requisito di cui all’art. 47-quater del D.lgs. n. 81/2015 che demanda ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale l’individuazione dei criteri di determinazione del compenso dei rider autonomi. La lettera della norma, laddove fa riferimento espresso ai contratti sottoscritti “dalle organizzazioni sindacali”, suggerisce la necessità che a stipulare il contratto non sia una sola organizzazione, se non nel caso limite in cui essa non realizzi – da sola – una rappresentanza largamente maggioritaria a livello nazionale;
  2. inoltre, l’art. 47-quater attribuisce alle organizzazioni sindacali e datoriali, che soddisfino gli standard di rappresentatività comparativa, la facoltà di stabilire i soli criteri di determinazione del compenso complessivo alla luce delle modalità concrete della prestazione, facendo salva l’esigenza della garanzia di un compenso minimo orario, come si desume in particolare dal secondo comma della disposizione. Le previsioni contrattuali, invece, non contemplano alcuna garanzia minima in tal senso, consentendo un compenso esclusivamente parametrato alle consegne effettuabili;
  3. infine, dalla lettura dell’art. 3 del CCNL si evince che le parti hanno scelto di qualificare il rapporto di lavoro dei rider come autonomo. Tale scelta non è condivisa dal Ministero secondo cui sarebbe stato preferibile evitare operazioni di qualificazione della fattispecie, notoriamente precluse all’autonomia collettiva in quanto riservate al giudice in sede di applicazione della legge. “Anche tale profilo appare, quindi, assai problematico, trattandosi di inusuale attività qualificatoria, non potendosi comunque escludere che nella realtà dei fatti i rider possano svolgere attività di natura subordinata ai sensi dell’art. 2094 c.c.”.

Conclusioni

Negli ultimi anni il fenomeno del lavoro tramite piattaforma digitale è esploso aprendo le porte a un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha reso necessario un intervento legislativo foriero di molti dubbi. 

È inevitabile, infatti, dubitare della compatibilità dell’insieme delle protezioni proprie del lavoro subordinato con la forma di organizzazione che caratterizza il lavoro dei rider.

Come evidenziato dall’avv. Bottini in un commento alla nuova normativa pubblicato sul Sole24Ore del 25/10/2019 (“I co.co.co. sempre più vicini alle tutele del lavoro subordinato”), sarà sempre più difficile e rischioso ricorrere a collaborazioni continuative che sfuggano all’applicazione della disciplina della subordinazione a meno che non si ricada nelle eccezioni previste dalla legge quali, ad esempio, le collaborazioni disciplinate da un accordo sindacale nazionale.

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