Last Updated on Settembre 11, 2020
Di: Avv. Wanda Falco
Il contratto di lavoro non determina solo lo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, ma implica anche obblighi di natura non patrimoniale quale la tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore, prevista dall’art. 2087 c.c.
Il primo problema che ci si trova ad affrontare in tema di responsabilità ex art. 2087 c.c. è quello della natura della responsabilità del datore di lavoro e, di conseguenza, dei relativi limiti nonché delle cause che ne escludono la sussistenza.
Vediamo, pertanto, nel dettaglio cosa dice la giurisprudenza.
La natura della responsabilità ex art. 2087 c.c.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la responsabilità del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza dei propri collaboratori è di carattere contrattuale: il contratto di lavoro è, infatti, integrato ex art. 1374 c.c. (secondo cui “ il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o in mancanza, secondo gli usi e l’equità”) dall’art. 2087 c.c. che impone l’obbligo di sicurezza (Cass. 3788/2009; Cass. 9055/2014).
La responsabilità del datore di lavoro, inoltre, non costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ovvero che prescinde dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa del datore di lavoro.
Essa sorge solo se sussiste una violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento (Cass. 3288/2013; Cass. 20366/2019).
Pertanto, il mero fatto che il dipendente abbia riportato lesioni in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determina automaticamente il sorgere della responsabilità datoriale (Cass. 24742/2018). Diversamente, il datore di lavoro sarebbe responsabile per qualunque evento lesivo patito dal dipendente, anche se imprevedibile e inevitabile.
Dunque, il fatto che l’obbligo di prevenzione posto dall’art. 2087 c.c. imponga al datore di lavoro di adottare tutte le misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela del lavoro in base all’esperienza e alla tecnica, non consente di desumere un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno (Cass. 26945/2018).
Il datore di lavoro, infatti, è tenuto all’adempimento di un’obbligazione di mezzi e non di risultato; egli andrà, pertanto, esente da responsabilità tutte le volte in cui riesca a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedirne il verificarsi. Viceversa, incombe sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso di causalità tra l’uno e l’altro (Cass. 14082/2020).
Le cause di esclusione della responsabilità
La normativa antinfortunistica è finalizzata a prevenire tutte le condizioni di rischio degli ambienti di lavoro. Infatti, il datore di lavoro riveste una posizione di garanzia che gli impone di apprestare tutti gli accorgimenti e le cautele necessari a garantire la massima protezione della salute e dell’incolumità del lavoratore, senza poter fare affidamento sul fatto che questi rispetti autonomamente le norme precauzionali (Cass. 5419/2019).
Pertanto, il datore di lavoro è considerato responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. In altre parole, il datore di lavoro è responsabile anche qualora l’infortunio sia ascrivibile a imperizia, negligenza e imprudenza del dipendente (Cass.16047/2018).
E’, tuttavia, possibile individuare dei casi in cui il datore di lavoro sia esonerato da responsabilità: si tratta delle ipotesi in cui il comportamento del lavoratore sia idoneo a interrompere il nesso causale tra inadempimento datoriale ed evento dannoso ovvero sia causa esclusiva dell’evento essendo di gravità tale che l’evento non possa essere più ricondotto al potere di controllo dell’imprenditore.
La giurisprudenza individua tali ipotesi nei casi in cui il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo tipico e alle direttive ricevute (Cass. 7206/2018; Cass. 15107/2020).
Si deve trattare, dunque, di “una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata” (Cass. 15562/2019).
Casistica
Per meglio chiarire cosa debba intendersi per comportamenti del dipendente abnormi ed esorbitanti rispetto al procedimento lavorativo tipico e alle direttive ricevute, si propongono di seguito alcuni casi di esclusione della responsabilità datoriale per condotte colpose del dipendente.
Recente è il caso dell’infortunio patito dal lavoratore che abbia omesso di agganciare la cintura anticaduta nonostante fosse stato adeguatamente istruito sull’utilizzo della medesima e nonostante i costanti richiami e la vigilanza sul corretto uso delle misure di protezione antinfortunistiche: è evidente che si tratta di una condotta anomala, tale da porsi quale causa esclusiva dell’evento e da escludere, pertanto, la responsabilità datoriale (Cass. 3282/2020).
Si segnala, inoltre, il caso dell’infortunio riportato dal giardiniere che aveva deciso di utilizzare una scala per tagliare un ramo a 4 m di altezza invece di attendere l’arrivo del veicolo aziendale munito di cestello elevatore. Considerato che l’intervento di taglio del ramo pericolante era stato programmato ed erano state specificamente concordate le modalità, è stata ritenuta abnorme ed imprevedibile l’iniziativa autonoma di procedere diversamente (Cass. 21389/2016).
Analogamente è stata esclusa la responsabilità datoriale per l’infortunio riportato da un operaio che aveva provato a tagliare un ramo di un albero che cadeva su un cavo elettrico. Si trattava, infatti, di un’attività non richiesta dal datore, svolta senza interpellare il soggetto incaricato di raccogliere le segnalazioni di ostacoli imprevisti e senza domandare l’invio sul posto di apposita strumentazione idonea allo svolgimento in sicurezza di quella operazione. In tal caso la Suprema Corte ha chiarito che non è ipotizzabile a carico dell’imprenditore un obbligo di sicurezza e prevenzione in relazione a condotte del dipendente che non rientrino nella prestazione lavorativa e che siano state effettuate senza darne preventiva comunicazione secondo le direttive impartite (Cass. 146/2018).
Infine, è stata ritenuta esorbitante dai limiti della prestazione di lavoro la condotta dell’autista che, a fine giornata, dopo aver introdotto la mano nel cancello automatico al fine di aprirlo dall’esterno, sia rimasto impigliato tra le sbarre. Si tratta, infatti, di una condotta che configura un’ipotesi di rischio elettivo da parte del lavoratore, idoneo ad interrompere ogni eventuale condotta colposa dell’imprenditore che, nella specie, non era mai stato informato del malfunzionamento e della necessità dei dipendenti di eseguire la manovra pericolosa per uscire dal parcheggio (Cass. 15107/2020).
Conclusioni
L’obbligo di sicurezza, come chiarito dalla giurisprudenza consolidata, pur imponendo al datore l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare eventi dannosi, non è fonte di responsabilità oggettiva. La responsabilità datoriale, infatti, sorge solo nel caso in cui sia provato l’inadempimento e non per il solo fatto del verificarsi dell’evento dannoso a carico del dipendente. Inoltre, se è vero che il datore risponde dei danni patiti dal lavoratore anche in caso di negligenza, imprudenza e imperizia di questi, la giurisprudenza individua alcuni comportamenti dei dipendenti che sono tali da interrompere il nesso causale e da escludere la responsabilità datoriale: si tratta dei comportamenti abnormi ed esorbitanti rispetto alle direttive impartite e al normale procedimento di lavoro.
“