Last Updated on Ottobre 4, 2019
La maggior parte degli ambienti di lavoro sono ormai fortemente digitalizzati e l’attività lavorativa costantemente tracciata. La possibilità di controllo che ne consegue diventa un effetto naturale che però si riflette su policy e regolamenti aziendali.
«Parliamo innanzitutto di un bilanciamento degli interessi tra lavoratore e azienda – commenta l’Avv. Federica Paternò partner dello studio Toffoletto De Luca Tamajo. – Vi deve essere massima trasparenza e chiarezza del sistema di regole che disciplina la raccolta, la conservazione e l’utilizzo dei dati dagli strumenti di lavoro in conformità alle norme sulla privacy ed in coerenza con la funzionalità e il governo del rapporto di lavoro.»
Il primo punto che le organizzazioni devono affrontare è, quindi, quello relativo al rispetto della privacy. Il regolamento consente il controllo e autorizza la reazione disciplinare in presenza di comportamenti non rispettosi delle regole. Deve in ogni caso essere formulata una procedura chiara nei controlli e nella modalità di acquisizione dei dati, con il preciso obbligo dell’azienda di darne informazione a tutti i lavoratori. «Tuttavia, è importante sottolineare che il rispetto della privacy deve essere bilaterale, sia le organizzazioni che i dipendenti sono tenuti a seguire le policy», continua l’Avv. Paternò.
L’azienda può controllare l’attività effettuata con gli strumenti di lavoro e gli accessi alla rete? Un dubbio importante su questo punto è riferito soprattutto all’uso dei social network.
«Vi è, infatti, una certa confusione su dove inizi e dove termini l’attività lavorativa e il potere-dovere di controllo del datore di lavoro- sottolinea l’Avv. Francesco Bartolotta, Senior Associate dello studio -. Con le nuove forme di lavoro come lo smart working e tutti i dispositivi che ci mantengono costantemente connessi, luoghi e tempi di lavoro si mescolano e i social network diventano una porta spalancata sul privato dell’utente.»
La distinzione fondamentale va fatta sull’accesso ai social durante o fuori dall’orario di lavoro, successivamente vanno esaminati gli strumenti utilizzati. Se sono personali, l’azienda potrà vietarne drasticamente l’impiego o impedirne l’accesso, se invece sono di proprietà dell’organizzazione il lavoratore dovrà seguire le regole dettate dalla Società. Sulla durata dell’utilizzo si segnala la sentenza n. 3133 della Cassazione del 1° febbraio 2019.
L’articolo 8 dello statuto dei lavoratori (Divieto di indagini sulle opinioni) e le linee guida del Garante della Privacy dettano, invece, l’orientamento sul controllo dell’attività sui social network del lavoratore da parte del datore di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro, sia ai fini dell’assunzione che successivamente. La normativa in questo contesto serve sia ad evitare discriminazioni dovute ad opinioni politiche, religiose, ecc… presenti sui profili personali non rilevanti alla valutazione dell’attitudine professionale, oltre a proteggere la libera espressione.
Lo studio è intervenuto sul tema con una tavola rotonda durante il convegno “Il futuro del lavoro” organizzato da HRC community a Roma.
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