Last Updated on Maggio 19, 2023
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 162 del 5 novembre 2021, approvata già lo scorso 26 ottobre e che entrerà in vigore il 3 dicembre p.v.
Il provvedimento modifica il Codice delle pari opportunità (D.Lgs. n. 198/2006) e prevede novità importanti sul piano dell’ampliamento delle ipotesi di discriminazione di genere e del novero dei soggetti tenuti ad adottare il rapporto sulle retribuzioni del personale nonché l’introduzione di un sistema premiale che incentiva i datori di lavoro a prevenire i potenziali divari retributivi e a promuovere la cultura della parità di genere.
Di seguito una sintesi delle principali previsioni.
1. Nozione di discriminazione
L’art. 2 modifica l’art. 25 del Codice delle Pari opportunità sulla nozione di “discriminazione” sul luogo di lavoro. In tal senso:
- è ampliata la cerchia delle potenziali vittime di comportamenti discriminatori sia diretti che indiretti. Infatti, oltre al personale già assunto, sono ricompresi anche le candidate e i candidati in fase di selezione;
- sono inserite tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro;
- è riformulato il concetto di atto discriminatorio specificando che può sostanziarsi sia nel trattamento che nella modifica delle condizioni di lavoro, posti in essere – oltre che per lo stato (e i relativi diritti) di gravidanza, di maternità o paternità – anche in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare e che, anche potenzialmente, ponga il lavoratore in posizione di svantaggio, ne limiti le opportunità di partecipazione alla vita aziendale o riduca le sue prospettive di carriera.
2. Rapporto biennale del personale
La Legge impatta significativamente su un adempimento specifico consistente nell’obbligo per le imprese di redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, già previsto dal Codice delle pari opportunità e che, finora, ha interessato solo i datori di lavoro pubblici e privati con oltre 100 dipendenti.
Per effetto della previsione di cui all’art.3 (che modifica l’art. 46 del D.Lgs. n. 198/2006) anche le aziende che impiegano più di 50 dipendenti devono elaborare il rapporto in questione e inviarlo al Ministero del lavoro, alle rsa, al Consigliere regionale di parità e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del CdM, con cadenza biennale (e non più almeno ogni due anni).
I datori che non raggiungono tale soglia possono, invece, stilarlo su base volontaria.
Il rapporto va redatto in modalità esclusivamente telematica, attraverso la compilazione di un modello pubblicato sul sito del Ministero del lavoro che, acquisiti i dati, provvede a pubblicare l’elenco delle aziende che lo hanno trasmesso e di quelle che non lo hanno fatto, con inevitabili ricadute in termini di immagine per le stesse.
È prevista l’adozione, entro il 1° febbraio 2022, di un decreto interministeriale cui è rimessa la definizione:
- dei contenuti del rapporto quali:
- il numero dei lavoratori occupati distinti per sesso (non deve esserne indicata l’identità),
- il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza,
- il numero degli eventuali lavoratori distinti per sesso assunti nel corso dell’anno,
- le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso,
- l’inquadramento contrattuale e le mansioni svolte da ciascun lavoratore, anche con indicazione di quelli a tempo pieno e parziale,
- l’importo della retribuzione complessiva corrisposta, ivi incluse le indennità (anche collegate al risultato), i bonus, ogni altro beneficio in natura e qualsiasi altra erogazione;
- dell’obbligo di inserire nel rapporto i dati sui processi di selezione e di qualificazione professionale, sulle misure per la promozione della conciliazione dei tempi di vita-lavoro e sulle modalità di progressione di carriera;
- delle modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rsa, anche al fine di agevolare, in termini probatori, la tutela giurisdizionale di coloro che assumano di aver subito una discriminazione.
Alle aziende inottemperanti agli obblighi di redazione e presentazione del rapporto è concesso un termine di 60 giorni per provvedervi. In mancanza, trova applicazione la sanzione amministrativa da 515 a 2.580 euro (di cui all’art. 11 DPR n. 520/1955 così come modificato dall’art.1, co. 1177, della L. n. 296/2006). Qualora l’inadempimento si protragga per oltre 12 mesi è prevista in ogni caso l’applicazione della sanzione (in precedenza facoltativa) della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti. Nel caso di rapporto mendace o incompleto, l’INL dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.
3. Certificazione di genere
L’art. 4 della legge (che introduce l’art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006) prevede l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della certificazione della parità di genere (c.d. bollino rosa), che attesta le politiche e le misure adottate dai datori per ridurre il divario occupazionale e retributivo tra uomini e donne.
Ad uno o più DPCM è rimessa la definizione:
- dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione quali la retribuzione, la progressione di carriera e la conciliazione vita-lavoro;
- delle modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro;
- delle modalità di coinvolgimento delle rsa e dei Consiglieri territoriali e regionali di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri;
- delle forme di pubblicità della certificazione.
4. Premi per le imprese virtuose
Le aziende che superano il gender gap e ottengono il c.d. bollino rosa possono godere di una serie di benefici in termini di esoneri contributivi, di accesso agli aiuti di Stato e di aggiudicazione degli appalti pubblici, così come indicato nell’art. 5 della nuova Legge.
È, infatti, riconosciuto a favore delle aziende private in possesso della certificazione della parità di genere uno sgravio, per il 2022, dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro.
Il beneficio – concesso nel limite di 50 milioni di euro annui – è determinato in misura non superiore all’1% dei contributi dovuti e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile. I lavoratori non subiranno nessuna penalizzazione ai fini dell’accumulo contributivo per la pensione in quanto la Legge dispone che resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
L’esonero può essere previsto anche per gli anni successivi al 2022, a condizione che sia emanato un provvedimento che stanzi le risorse finanziarie.
Inoltre alle aziende private, che alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento siano in possesso della predetta certificazione, è riconosciuto un punteggio premiale ai fini della concessione di aiuti di Stato e della partecipazione a gare per la fornitura di opere e servizi.
5. Quote rosa nelle società pubbliche
L’art. 6 estende anche alle società non quotate e controllate dalla PA l’obbligo di dotarsi di uno Statuto che assicuri l’equilibrio di genere tra gli amministratori da eleggere, trovando applicazione nella fattispecie l’art. 147-ter, comma 1-ter, del TUF (Testo Unico dell’intermediazione finanziaria – D.Lgs. n. 58 del 1998), il quale dispone che le donne rappresentino almeno due quinti degli amministratori eletti per sei mandati consecutivi.