Ripetute assenze alla visita fiscale: legittimo il licenziamento

Last Updated on Settembre 15, 2022

Nel caso in cui il dipendente si assenti dal lavoro per malattia è tenuto ad adempiere alcuni obblighi quali:

  • attivarsi per il rilascio del certificato medico attestante lo stato di malattia;
  • essere reperibile in determinate fasce orarie per eventuali visite fiscali di controllo;
  • astenersi da attività che possano pregiudicare lo stato di salute e ritardare il rientro in servizio.

Cosa accade nel caso in cui il dipendente sia assente alla visita fiscale?

Vediamo nel dettaglio cosa dice la giurisprudenza.

La visita fiscale: inquadramento generale

Il dipendente che si assenti dal lavoro per malattia non può essere sottoposto ad accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro, come previsto dall’art. 5 St. Lav. 

Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti: le visite mediche di controllo possono essere disposte d’ufficio dall’Inps (nei confronti dei lavoratori privati aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia e dei lavoratori pubblici) o su richiesta dei datori di lavoro per i propri dipendenti. 

Il lavoratore, dunque, durante l’assenza per malattia deve rispettare le fasce orarie di reperibilità nel corso delle quali l’istituto previdenziale, anche su richiesta del datore, può inviare un medico a verificare la sussistenza dello stato di malattia dichiarato.

Le fasce di reperibilità sono le seguenti: 

  • dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00 per i dipendenti pubblici;
  • dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00 per i dipendenti del settore privato.
Cosa accade se il lavoratore risulta assente alla visita fiscale?

Nel fissare i limiti dell’obbligo di reperibilità del lavoratore alle visite di controllo, mediante la previsione di cui all’art. 5 l. n. 638/1983, si è imposto al lavoratore un comportamento (la permanenza presso il proprio domicilio durante le fasce orarie previste per le visite fiscali) che è sia un onere all’interno del rapporto assicurativo che un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro.

Pertanto, l’assenza alla visita fiscale, rendendo di fatto impossibile il controllo in ordine alla sussistenza della malattia, integra un inadempimento sia nei confronti dell’istituto previdenziale sia nei confronti del datore di lavoro, che ha interesse a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa e, perciò, a controllare l’effettiva sussistenza della causa che impedisce tale prestazione. 

Pertanto, l’irrogazione della sanzione può essere evitata soltanto con la prova, il cui onere grava sul lavoratore, di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto: il dipendente non può limitarsi, ad esempio, a produrre il certificato medico attestante l’effettuazione di una visita specialistica, ma deve dare dimostrazione delle comprovate necessità che impediscono l’osservanza delle fasce orarie e cioè che la visita non poteva essere effettuata in altro orario ovvero che la necessità della visita è sorta negli orari di reperibilità. Deve, dunque, provare la sussistenza di una situazione sopravvenuta che comporti la necessità assoluta ed indifferibile di allontanarsi dal luogo nel quale il controllo deve essere esercitato (Cass. 19668/2019). 

Risulta, dunque, irrilevante l’effettività della malattia: il giudizio sull’osservanza dell’obbligo di reperibilità non dipende dall’esistenza della malattia e il lavoratore non è assolto da tale obbligo soltanto perché effettivamente malato.

Casistica giurisprudenziale

Si pensi al caso della dirigente licenziata per giusta causa perché si era sottratta alle visite di controllo essendo risultata assente dal suo domicilio tre volte nell’arco di due mesi.

Nel caso di specie, i giudici di merito hanno esaminato accuratamente la documentazione attinente alle assenze riscontrate in occasione delle visite fiscali domiciliari e alle giustificazioni fornite dalla lavoratrice, rilevando che:

  1.  l’allontanamento dal domicilio non era risultato assistito da valide giustificazioni e che, in ogni caso, lo stesso non escludeva l’obbligo per la lavoratrice di comunicare di volta in volta l’assenza per consentire all’azienda di controllare, tramite l’Inps, l’effettività della sua malattia;
  2. il fatto che in un momento successivo alla visita non eseguita per assenza della lavoratrice fosse stata confermata, da parte del medico dell’Inps, la malattia diagnosticata non rilevava ai fini dell’appurato inadempimento dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’assenza dal domicilio;
  3. il rapporto fiduciario caratterizzante l’incarico dirigenziale rendeva necessaria una valutazione maggiormente rigorosa del comportamento della lavoratrice, dell’addebitabilità dei fatti contestati a titolo di grave negligenza e della idoneità del comportamento medesimo a incidere in modo definitivo sul vincolo fiduciario, in quanto ripetuto per ben tre volte nell’arco temporale di circa due mesi a riprova del disinteresse dimostrato per le esigenze datoriali (Cass. 64/2017). 

I giudici hanno, pertanto, confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Analogamente è stata confermata la legittimità del licenziamento disciplinare del dipendente irreperibile per ben 5 volte alla visita di controllo.

Nella specie, il dipendente non solo non aveva mai documentato, neppure ex post, alcuna causa di giustificazione in relazione all’ultima assenza dal domicilio, ma aveva, per le quattro assenze precedenti, prodotto certificati medici inidonei a provare un serio e fondato motivo che giustificasse l’assenza alle visite domiciliari di controllo. 

In particolare, era emerso che la cura praticata dal dipendente (che avrebbe dovuto giustificare le sue assenze alla visita domiciliare) veniva svolta secondo appuntamenti di volta in volta concordati con il centro terapeutico per cui il lavoratore avrebbe potuto fissare appuntamenti in orari diversi in modo da ottemperare all’obbligo di permanenza domiciliare.

A ciò i giudici hanno aggiunto anche la valutazione dell’elevato grado di negligenza visto che la condotta illecita era stata ripetuta più volte in un breve arco temporale ed era stata anche più volte sanzionata (Cass. 24681/2016).

Infine, si segnala il caso del dipendente licenziato per giusta causa per assenza alla visita fiscale che era stata preceduta da altre 6 condotte, debitamente contestate, di cui una analoga a quella in esame e altre tre in “area”, riguardando la procedura di invio dei certificati medici.

Tali circostanze esprimevano, secondo i giudici, la pervicacia del lavoratore nell’ignorare i suoi doveri, segnatamente quelli inerenti al modo di comportarsi in caso di malattia, tale da scuotere in modo irreversibile la fiducia del datore di lavoro (Cass. 1603/2015).

Cosa può fare il dipendente al di fuori delle fasce orarie di reperibilità?

Al di fuori delle fasce orarie di reperibilità il dipendente può allontanarsi dal domicilio: lo stato di malattia di per sé non comporta l’impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività, ma occorre verificare in concreto l’effettiva condizione psico-fisica del lavoratore in rapporto alla mansione, nonché la compatibilità della condotta tenuta durante il periodo di malattia con il regolare percorso di guarigione, che non deve essere pregiudicato.

È, pertanto, legittimo procedere al licenziamento per giusta causa per violazione degli obblighi di diligenza e correttezza qualora l’attività svolta in costanza di malattia sia incompatibile con lo stato di salute del lavoratore e idonea a pregiudicare la guarigione e il rientro in servizio del medesimo. 

In casi del genere, infatti, il datore non solo è costretto a privarsi della presenza del dipendente malato, ma rischia anche che il periodo di assenza venga prolungato dal comportamento sconsiderato e negligente del lavoratore che svolga attività incompatibili con lo stato di malattia. 

Per una disamina più dettagliata si veda il nostro approfondimento “Licenziabile per giusta causa il dipendente che svolge attività incompatibili con la malattia o con i permessi ex L. 104/1992”.

Conclusioni

La violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di rendersi disponibile per l’espletamento della visita domiciliare di controllo entro le fasce prestabilite assume rilevanza di per sé, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, e può anche costituire giusta causa di licenziamento. 

L’unico modo per evitare l’irrogazione di una sanzione è avvisare preventivamente il datore di lavoro della possibile assenza alla visita domiciliare e, in caso di omesso o ritardato avviso, provare l’esistenza di gravi e comprovate ragioni. 

Di: Avv. Wanda Falco

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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