Last Updated on Dicembre 13, 2023
Il diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite è riconosciuto dall’articolo 36 della Costituzione che ne sancisce l’irrinunciabilità.
Le ferie, infatti, hanno come fine quello di consentire al dipendente di reintegrare le energie psico-fisiche e tutelare, dunque, la sua salute.
Sono vari i profili di interesse per le società quali la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie, il divieto di monetizzazione e gli accorgimenti da attuare per evitarne l’accumulo e garantirne lo smaltimento.
Esaminiamo nel dettaglio ciascun profilo.
Nozione di retribuzione da applicare durante le ferie
Quando il legislatore nazionale e quello comunitario parlano di ferie annuali retribuite, a quale retribuzione fanno riferimento?
Anche in recenti pronunce la Cassazione, nell’esaminare la questione della retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ha confermato che – ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (che sancisce il diritto ad almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite) per come interpretato dalla Corte di Giustizia – sussiste una «nozione europea di retribuzione che comprende qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore» (Cass. 19663/2023).
In altre parole, qualsiasi «incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni» che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene «compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore» deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell’ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali. All’opposto, non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell’importo da versare durante le ferie annuali «gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell’espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro» (C-155/10).
Dunque, secondo la Corte di Giustizia, per la durata delle ferie annuali, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria in quanto una diminuzione della retribuzione potrebbe dissuaderlo dall’esercitare il diritto alle ferie. Qualsiasi prassi o omissione volta ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (C-514/20; C-350/06; C-520/06).
Sulla base dei principî sopra esposti la Cassazione, ad esempio, ha confermato che deve essere inclusa nella retribuzione da corrispondere nel periodo feriale l’indennità di volo integrativa prevista dal CCNL Trasporto Aereo per il personale navigante.
L’indennità di volo integrativa costituisce, infatti, una significativa componente della retribuzione incidente nella misura del 30% sul trattamento economico spettante al personale navigante. Escluderla dalla base di computo della retribuzione feriale potrebbe chiaramente «costituire un incentivo a non fruire delle ferie, in contrasto, quindi, con i principi euro-unitari che statuiscono che deve essere evitata qualsiasi prassi o omissione, da parte del datore di lavoro, che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un lavoratore, essendo ciò appunto incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite» (Cass. 20216/2022).
Analogamente la Suprema Corte ha ritenuto che nel calcolo del compenso dovuto al macchinista ferroviario nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si debba tenere conto dell’incentivo per attività di condotta e dell’indennità di riserva: si tratta di importi connessi ad attività ordinariamente previste dal contratto collettivo aziendale e legati al concreto svolgimento di una determinata mansione. In particolare, la potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di tali voci dalla retribuzione erogata durante le ferie è stata desunta dal carattere continuativo della loro erogazione e dall’incidenza tutt’altro che residuale sul trattamento economico mensile, costituendo circa il 25/30% dello stesso (Cass. 19663/2023).
Monetizzazione delle ferie
Altra questione strettamente connessa alla tutela del diritto alle ferie e, conseguentemente, della salute psico-fisica del dipendente è la monetizzazione delle ferie.
Secondo l’art. 10 comma 2 del D.lgs. n. 66/2003 il periodo annuale minimo di ferie di quattro settimane «non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro».
Il divieto di monetizzazione delle ferie è finalizzato a garantirne il godimento effettivo che sarebbe vanificato qualora se ne consentisse la sostituzione con un’indennità: essa non può essere ritenuta equivalente rispetto alla necessaria tutela della sicurezza e della salute in quanto non permette al lavoratore di reintegrare le energie psico-fisiche.
Diverso sembrerebbe, invece, il discorso relativo alle ferie ulteriori eventualmente riconosciute dalla contrattazione collettiva. Il Ministero del Lavoro, infatti, con circolare n. 8/2005 ha chiarito che «gli ulteriori giorni di ferie spettanti eccedenti le quattro settimane – previsti dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale – possono essere fruiti anche successivamente ai 18 mesi dalla loro maturazione e possono essere oggetto di monetizzazione, salvo eventuali specifiche previsioni di legge o di contrattazione collettiva».
Dunque:
- il periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di cessazione del rapporto;
- i giorni di ferie eventualmente riconosciuti dalla contrattazione collettiva in più rispetto alle quattro settimane sarebbero invece sostituibili con il pagamento della relativa indennità anche in corso di rapporto.
Come evitare l’accumulo delle ferie?
La mancata effettiva fruizione delle 4 settimane di ferie è punita, ai sensi dell’art. 18-bis del D.lgs. 66/2003, con sanzioni amministrative ed espone l’azienda ad azioni risarcitorie dei dipendenti.
Per scongiurare tali rischi è necessario ridurre il più possibile l’accumulo di giorni di ferie. In genere è consigliabile:
- programmare la chiusura aziendale con conseguente godimento di ferie collettive da parte di tutti i dipendenti;
- richiedere ai propri dipendenti di pianificare le ferie con dovuto preavviso;
- monitorare le ferie residue di ogni dipendente in modo da poter intervenire tempestivamente ed evitare l’accumulo;
- inviare comunicazioni scritte al dipendente affinché si richieda la fruizione delle ferie residue.
Come, infatti, chiarito dalla Cassazione, la perdita del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova:
- di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente;
- di averlo allo stesso tempo avvisato – in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato (Cass. 17643/2023; Cass. 21781/2022).
Incentivare l’utilizzo delle ferie legandole ad obiettivi green è uno dieci punti individuati dalla nostra alleanza internazionale Ius Laboris con la ricerca “Ten steps to prioritise the planet in 2023”. Clicca qui per scoprire gli altri nove.
Toffoletto De Luca Tamajo è a Vostra disposizione per supportarvi nell’individuare la soluzione migliore per evitare l’accumulo delle ferie e garantirne lo smaltimento e fornire i chiarimenti necessari in merito alle questioni esaminate.
Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it