Il 30 aprile è stata pubblicata la Direttiva 2024/1233 che incorpora, modificandola, la precedente Direttiva 2011/98/UE istitutiva del permesso unico rilasciato in favore dei cittadini dei paesi terzi che intendano soggiornare e lavorare in uno Stato membro.
La previsione di una procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno che quello di lavoro ha contribuito alla semplificazione e all’armonizzazione delle norme in materia di immigrazione.
Nella medesima ottica di rendere più facile per gli stranieri l’ingresso in Europa per motivi di lavoro e per le imprese di reperire la manodopera di cui hanno bisogno, il provvedimento in commento abbrevia i tempi della procedura di rilascio del permesso unico e rafforza le tutele dei cittadini dei paesi terzi, consentendo anche il cambiamento di datore di lavoro e la possibilità di restare nello Stato membro anche durante un periodo di disoccupazione limitato.
In particolare, la domanda può essere presentata dallo straniero, dal datore o, indifferentemente, da uno dei due e la decisione sulla stessa deve intervenire nel termine ridotto di 90 giorni, in luogo dei 4 mesi precedentemente previsti.
È, inoltre, disposta la possibilità per i titolari del permesso unico di cambiare datore di lavoro al verificarsi, eventualmente, di determinati presupposti ovvero che il mutamento sia notificato all’autorità competente, sia subordinato alla verifica della situazione del mercato del lavoro ed avvenga solo dopo che il titolare abbia lavorato per un determinato periodo, in ogni caso non superiore a 6 mesi, per il primo datore.
La Direttiva stabilisce anche le norme applicabili nell’ipotesi di disoccupazione del titolare del permesso unico prevedendo che gli stranieri siano autorizzati a restare nel territorio dello Stato membro, senza che il permesso sia revocato, purché il periodo di disoccupazione non superi tre mesi o sei se il permesso ha una durata superiore a due anni.
Nell’ottica di rafforzare la parità di trattamento, agli stranieri sono riconosciute le medesime condizioni di lavoro dei cittadini dello Stato membro che comprendono oggi anche quelle relative agli orari, ai congedi, alle ferie e alla parità di genere (oltre alla retribuzione, al licenziamento e alla salute e alla sicurezza). Sul fronte dei diritti collettivi è sancito espressamente anche il loro diritto di scioperare, intraprendere azioni sindacali e negoziare contratti collettivi.
Da ultimo, al fine di rendere effettive le disposizioni della Direttiva, gli Stati devono predisporre misure volte ad impedire eventuali abusi e a sanzionare le violazioni degli obblighi ivi previsti, adottando meccanismi efficaci di denuncia da parte dei lavoratori stranieri, ivi inclusa la possibilità di adire l’autorità giudiziaria.
Gli Stati membri avranno tempo sino al 21 maggio 2026 per recepire nei propri ordinamenti le nuove previsioni della Direttiva.
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