Parità retributiva e Trasparenza salariale:  in arrivo la Direttiva Europea

Last Updated on Marzo 6, 2023

Alla fine del 2022, il Parlamento Europeo ha adottato una  proposta di Direttiva volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini, a parità di lavoro o per lavori di pari valore, e il divieto di discriminazioni basate sul sesso, attraverso la trasparenza delle retribuzioni.

Sebbene il diritto alla parità retributiva tra donne e uomini, a parità di lavoro o per lavori di pari valore, sia uno dei principi fondamentali a livello UE, la sua effettiva attuazione rappresenta ancora una sfida e oggi il divario retributivo di genere nell’Unione Europea si attesta intorno al 14%. In concreto, quindi, in media, per ogni euro guadagnato da un lavoratore di sesso maschile, una donna che svolge un lavoro di pari valore guadagna soltanto 86 centesimi. 

La pandemia COVID-19 ha reso questo tema ancora più attuale, vista la crisi economica che ha colpito in particolar modo le lavoratrici.

La proposta di Direttiva si compone di due elementi chiave: l’introduzione di misure che assicurino la trasparenza retributiva, nonché un migliore accesso alla giustizia in caso di discriminazioni salariali.

Gli obblighi informativi e di reportistica per assicurare la trasparenza retributiva

Al fine di garantire la trasparenza retributiva, i datori di lavoro dovranno fornire ai potenziali candidati informazioni sulla retribuzione di ingresso già nell’annuncio di lavoro o, comunque, prima dei colloqui pre-assuntivi. Inoltre, in fase di selezione non potranno essere chieste ai candidati informazioni sulla retribuzione percepita presso l’attuale o i precedenti datori di lavoro.

Al contempo, durante il rapporto di lavoro, il personale potrà chiedere al datore di lavoro informazioni sulla retribuzione media percepita dai lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o lavori di pari valore, suddiviso per genere di appartenenza.

Infine, i datori di lavoro che impiegano più di 250 dipendenti dovranno fornire, a cadenza annuale, informazioni sulle differenze salariali tra i lavoratori di sesso femminile e maschile all’interno della propria organizzazione, suddividendo i dati per genere di appartenenza e categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o lavori di pari valore. I report dovranno dare atto non soltanto della retribuzione base, ma altresì di eventuali bonus e/o retribuzioni variabili di altro genere. Inoltre, dovranno specificare la percentuale di uomini e donne che ricevono eventuali bonus e/o retribuzioni variabili.

La suddetta reportistica dovrà essere predisposta in genere con cadenza triennale.

Le misure volte a favorire l’accesso alla giustizia in caso di discriminazioni salariali

Per quanto riguarda, invece, le misure volte a favorire l’accesso alla giustizia, la proposta di Direttiva prevede che:

  • i lavoratori che abbiano subìto una discriminazione retributiva a causa del proprio sesso, potranno ottenere il risarcimento del danno, in termini di differenze retributive, bonus e benefit in natura;
  • il datore di lavoro avrà l’onere di dimostrare in giudizio l’assenza della suddetta discriminazione;
  • gli Stati Membri dovranno prevedere delle specifiche sanzioni economiche in caso di violazione delle regole sulla parità salariale;
  • gli organismi di parità e le organizzazioni sindacali potranno agire in sede amministrativa o giudiziale in rappresentanza dei lavoratori e potranno altresì agire in nome proprio in caso di azioni collettive.

Gli obblighi informativi e di reportistica attualmente esistenti in Italia e l’impatto della direttiva

Gli obblighi di reportistica di cui alla proposta di Direttiva sono, in parte, già vigenti in Italia. Dal 3 dicembre 2021 è, infatti, in vigore la Legge sulla parità salariale (L. 162/2021), che ha introdotto nel  Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006) la previsione secondo cui le aziende che impiegano più di 50 dipendenti devono predisporre a cadenza biennale il Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile.

Tale rapporto, che deve essere inviato al Ministero del lavoro, alle organizzazioni sindacali, al Consigliere regionale di parità e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, deve specificare, a titolo esemplificativo:

  • il numero degli occupati, specificando genere, categoria, livello, tipologia contrattuale, orario di lavoro, eventuale svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile e/o fruizione di congedi di maternità, paternità o parentale, lavoratori in somministrazione, ore di straordinari;
  • il numero di entrate, uscite e trasformazioni, per categoria e genere, e le ragioni dell’uscita; 
  • il numero di ore di formazione, per categoria e genere;
  • eventuali processi e strumenti di selezione e reclutamento, criteri per la progressione di carriera, accesso alla qualificazione professionale e manageriale, strumenti e misure per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo;
  • le retribuzioni iniziali, per categoria e genere;
  • le retribuzioni annue lorde, con specificazione delle componenti accessorie (straordinari, superminimi, premi, ecc.), per categoria e genere.

I Consiglieri di parità e le organizzazioni sindacali possono consegnare una copia del Rapporto ai lavoratori che lamentino una discriminazione e intendano fruire della tutela giudiziaria di cui al Codice delle Pari Opportunità.

Alle aziende inottemperanti agli obblighi di redazione e presentazione del rapporto è concesso un termine di 60 giorni per provvedervi. In mancanza, trova applicazione una sanzione amministrativa da 515 a 2.580 euro e, qualora l’inadempimento si protragga per oltre 12 mesi è prevista in ogni caso l’applicazione della sanzione della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti. Nel caso di rapporto mendace o incompleto, trova applicazione una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro.

Il rapporto va redatto in modalità esclusivamente telematica, attraverso la compilazione di un modello pubblicato sul sito del Ministero del lavoro che, acquisiti i dati, provvede a pubblicare l’elenco delle aziende che lo hanno trasmesso e di quelle che non lo hanno fatto, con inevitabili ricadute in termini di immagine per le stesse.

Il prossimo Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile dovrà essere inviato tra il 1° gennaio 2024 ed il 30 aprile 2024 e sarà relativo agli anni 2022 e 2023.

La proposta di Direttiva introduce, però, due importanti novità, che nel prossimo futuro avranno un notevole impatto sui predetti obblighi informativi e, quindi sulle imprese italiane.

Innanzitutto, i lavoratori, le organizzazioni sindacali, l’Ispettorato del lavoro e gli organismi di parità potranno chiedere ulteriori informazioni e chiarimenti alla luce delle informazioni rese pubbliche e, qualora le eventuali differenze salariali non siano giustificate da elementi oggettivi e non connessi al genere, ai datori di lavoro potrà essere richiesto di adottare le misure correttive necessarie entro un lasso di tempo ragionevole.

Inoltre, qualora dalla suddetta reportistica emergesse una differenza salariale per motivi di genere pari o superiore al 5% e il datore di lavoro non fosse in grado di dimostrare che essa sia dovuta a fattori oggettivi non connessi al genere, il datore medesimo dovrà svolgere un’analisi sulle retribuzioni, in collaborazione con le organizzazioni sindacali. Tale analisi comporterà che le imprese dovranno collaborare con i rappresentanti dei lavoratori per comprendere le ragioni alla base di tali differenze e per individuare le misure da intraprendere per eliminarle, che dovranno essere implementate entro un lasso di tempo ragionevole.

Quali saranno i prossimi step?

La proposta di Direttiva dovrà adesso essere approvata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo. Una volta approvata, gli Stati membri dovranno implementarla entro due anni.

Nonostante l’Italia sia già avanti su alcuni dei temi oggetto della proposta, primo tra tutti quello relativo agli obblighi informativi a carico dei datori di lavoro, certamente la nuova Direttiva introduce una serie di novità che dovranno essere introdotte nel nostro ordinamento.

Nel frattempo, per valutare lo stato dell’organizzazione interna dei nostri clienti e gli interventi che occorre adottare per mettersi già in linea con gli obblighi di legge già esistenti e quelli che verranno introdotti con la direttiva, il nostro studio è a disposizione di tutti i clienti per condurre un’analisi preliminare e suggerire gli aggiustamenti necessari. 

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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