Politiche di remunerazione nel settore bancario: recenti orientamenti giurisprudenziali sulla nullità delle pattuizioni non esplicitamente assoggettate ai meccanismi di malus e claw back

Last Updated on Dicembre 3, 2020

Di: Avv. Valentina Rovere

1. Premessa

Il settore bancario ha conosciuto una serie di importanti interventi normativi volti a rafforzare la capacità delle banche di assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche, indipendentemente dalla loro origine, a migliorare la gestione del rischio e la governance, a rafforzare la trasparenza del sistema bancario, tenendo conto degli insegnamenti della crisi finanziaria scoppiata nel 2008.

L’Unione Europea è intervenuta dapprima con la Direttiva 2010/76/CE (la CRD III) e, successivamente, con le Direttive 2013/36/UE (la CRD IV) e 2019/878/UE (la CRD V), allo scopo di garantire – tra l’altro – che le banche si dotassero di politiche e prassi di remunerazione che riflettessero e promuovessero una sana ed efficace gestione del rischio creditizio.

Le disposizioni che andremo ad esaminare – incentrate, sostanzialmente, sulla definizione dei limiti e delle regole per la componente variabile della retribuzione, ed in particolar modo per le somme liquidate ai manager (amministratori e dirigenti con responsabilità strategiche) in occasione della cessazione del rapporto di lavoro (c.d. golden parachute) – sono state espressamene adottate dalla Banca d’Italia con la Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, sulla base degli artt. 53 e 67 del D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario – TUB) e del d.m. 27 dicembre 2006, n. 933, dando attuazione, alla Direttiva sopra citata 2013/36/UE del 26 giugno 2013 (CRD IV) e prossimamente anche alla Direttiva 2019/878/UE (CRD V).

Ciò premesso, in ossequio alla disciplina prevista dalla Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013, la remunerazione variabile in generale nonché i compensi pattuiti in vista o in occasione della conclusione anticipata del rapporto di lavoro o per la cessazione anticipata della carica (i c.d. golden parachute) devono essere sempre soggetti ai meccanismi di malus e claw back.

Trattasi di meccanismi contrattuali che consentono di ridurre – e financo azzerare – la parte di remunerazione variabile o di incentivo che l’istituto creditizio deve ancora corrispondere al proprio manager (malus) o di richiederne la restituzione, anche parziale, in caso di avvenuta erogazione (claw back), a fronte di valutazioni negative ex post delle performance aziendali o individuali, ovvero in caso di comportamenti fraudolenti o di colpa grave del dipendente. 

Ai sensi dell’art. 53, co. 4 sexies, del TUBun eventuale accordo raggiunto tra le parti che non preveda la specifica pattuizione dei suddetti meccanismi di correzione ex post potrebbe essere esposto ad una censura di nullità

In tal senso, si è recentemente pronunciata la Corte d’Appello di Milano con un’importante sentenza (C. App. Milano 5 novembre 2020, n. 643). La Corte ha altresì statuito che, all’interno dell’accordo transattivo sottoscritto tra le parti, il richiamo generico e solo nelle premesse, alle disposizioni della Circolare di Banca di Italia ed alle Politiche di Remunerazione adottate dall’istituto creditizio (che individuano i criteri e i presupposti per l’applicazione di tali meccanismi) non costituisce una valida pattuizione di malus e claw back con conseguente invalidità dell’accordo, non sanabile d’ufficio. In altri termini, non sarebbe possibile per il giudice rimediare d’ufficio a tale mancanza, potendo, il giudice, semmai, sostituire una clausola invalida esistente, ma non – come nel caso esaminato dalla Corte – inserire una clausola non prevista nell’accordo.

Ma vediamo più nel dettaglio cosa prevedono esattamente le disposizioni della Circolare della Banca d’Italia e del TUB sopra menzionate.

2. La Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013. Le clausole di malus e claw back

Le disposizioni della Circolare della Banca sono state adottate sulla base degli artt. 53 e 67 del TUB e del d.m. 27 dicembre 2006, n. 933, i quali hanno dato attuazione alla Direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013, relativamente alle previsioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e di incentivazione nelle banche e nei gruppi bancari. Si tratta di disposizioni normative di derivazione comunitaria, aventi carattere imperativo ed inderogabile e che devono dunque essere necessariamente applicate. 

La Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 in merito ai c.d. Golden parachute (Parte Prima, Titolo IV, Capitolo II, Sezione III, par. 2.2.2) prevede espressamente che i compensi pattuiti in vista o in occasione della conclusione anticipata del rapporto di lavoro o per la cessazione anticipata della carica debbano essere collegati alla performance realizzata e ai rischi assunti dalla persona e dalla banca.

Il par. 2.1, a cui rinvia il par. 2.2.2 sopra esaminato, al punto 5, stabilisce ancora più specificamente che la componente variabile è sottoposta – attraverso specifiche pattuizioni – a meccanismi di correzione ex post (malus e claw backidonei, tra l’altro, a riflettere i livelli di performance al netto dei rischi effettivamente assunti o conseguiti e patrimoniali, nonché a tener conto dei comportamenti individuali.

Tali meccanismi, previsti come è evidente a tutela della Banca, possono condurre quindi ad una riduzione, anche significativa, o all’azzeramento della remunerazione variabile stessa, soprattutto in caso di risultati significativamente inferiori agli obiettivi prestabiliti o negativi. 

La banca individua  con le proprie politiche di remunerazione, adottate nel rispetto delle disposizioni della Circolare – i criteri e i presupposti per l’applicazione di questi meccanismi.

La Circolare di Banca di Italia sempre al par. 2.1, punto 5, Sez. III dispone che sono soggetti a claw back almeno gli incentivi riconosciuti e/o pagati ai soggetti che abbiano determinato o concorso a determinare:

  • comportamenti da cui è derivata una perdita significativa per la banca;
  • ulteriori comportamenti non conformi a disposizioni di legge, regolamentari o statutarie o a eventuali codici etici o di condotta applicabili alla banca, nei casi da questa eventualmente previsti;
  • violazioni degli obblighi imposti ai sensi dell’articolo 26 (disposizione secondo la quale i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche devono essere idonei allo svolgimento dell’incarico e possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, nonché soddisfare criteri di competenza e correttezza) o, quando il soggetto è parte interessata e vi è conflitto di interessi, dell’articolo 53, commi 4 e ss., del TUB o, infine, violazione degli obblighi in materia di remunerazione ed incentivazione (come ad esempio quelli sopra esaminati, indicati nella Circolare emanata da Banca d’Italia);
  • comportamenti fraudolenti o di colpa grave a danno della banca.

I meccanismi di malus sono applicati, oltre che nei casi appena elencati, anche per tener conto della performance al netto dei rischi effettivamente assunti o conseguiti e dell’andamento della situazione patrimoniale e di liquidità.

3. Violazione delle disposizioni in materia di sistemi di remunerazione e incentivazione: l’art. 53 del TUB.

Ma quali sono le conseguenze in caso di violazione delle disposizioni in materia di sistemi di remunerazione edincentivazione emanate dalla Banca d’Italia?

La risposta è contenuta nell’art. 53 del TUB, che al 1° comma dispone che:

«La Banca d’Italia emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto:

a) l’adeguatezza patrimoniale;

b) il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni;

c) le partecipazioni detenibili;

d) il governo societario, l’organizzazione amministrativa e contabile, nonché i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione; (…)».

Prosegue, poi, la norma, al comma 4-sexies (richiamato dal par. 2.1, punto 5, terzo trattino, v. supra) disponendo che: «È nullo qualunque patto o clausola non conforme alle disposizioni in materia di sistemi di remunerazione e di incentivazione emanate ai sensi del comma 1, lettera d), o contenute in atti dell’Unione europea direttamente applicabili.

La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto. Le previsioni contenute nelle clausole nulle sono sostituite di diritto, ove possibile, con i parametri indicati nelle disposizioni suddette nei valori più prossimi alla pattuizione originaria». 

Trattasi, come vedremo, di una norma con un preciso significato e che emerge con chiarezza nella sentenza della Corte di Appello di Milano di seguito esaminata.

4. La fattispecie esaminata dalla Corte d’Appello di Milano (C. App. Milano 5 novembre 2020 n. 643)

Il contenzioso su cui si è pronunciato dapprima il Tribunale di Milano (con la sentenza del 6 agosto 2019, n. 1445) e successivamente la Corte d’Appello di Milano (con la sentenza del 5 novembre 2020, n. 643) è promosso da un ex manager ed è finalizzato ad ottenere il pagamento di una severance concordata tra le parti, a fronte della sottoscrizione di una transazione generale novativa.

Nella fattispecie in esame, la controparte, in assenza della previsione della clausola di malus e claw back all’interno dell’accordo transattivo, ha tentato di sostenerne la presenza facendo leva sul fatto che nelle premesse dell’accordo fossepresente un richiamo alla Circolare di Banca di Italia e alle Politiche di Remunerazione adottate dall’istituto creditizio e che, pertanto, per effetto dell’art. 1 dell’accordo risolutivo (“le premesse fanno parte integrante …”), all’interno di esso vi fosse un richiamo “per relationem” del contenuto delle clausole di malus e claw back.

Tuttavia, il fatto che nelle premesse della transazione sottoscritta tra le parti si richiamassero le disposizioni della Circolare di Banca d’Italia n. 285 del 17 dicembre 2013 e le Politiche di Remunerazione della Banca, a giudizio della Corte, non era sufficiente a colmare l’omessa previsione della clausola all’interno della transazione.

La premessa si limitava ad attestare che la Banca «è soggetta alla Circolare Banca di Italia…» in «ossequio» alla quale «adotta di anno in anno le proprie politiche di remunerazione». Tuttavia nell’accordo non si richiamava in alcun modo il relativo contenuto, men che mai in modo specifico: era una mera attestazione, non un rinvio integrativo.

La Circolare di Banca di Italia e le Politiche di Remunerazione adottate dall’istituto creditizio individuano esclusivamente «i criteri e i presupposti» per l’applicazione dei meccanismi di correzione ex post (malus e claw back).

La Circolare di Banca d’Italia dispone che devono essere, poi, le parti, attraverso specifiche pattuizioni individuali (come espressamente sancito al par. 2.1, punto 5), a dover determinare ed eventualmente dettagliare i contenuti delle clausole di malus e claw back all’interno della transazione, nell’ambito e nel rispetto dei principî e dei criteri fissati dalla normativa e dalla regolamentazione predisposta dalla Banca.

In altri termini, non si tratta di clausole suscettive di applicazione senza adeguata specificazione e contrattualizzazione individuale. Le parti devono necessariamente determinare con specifica pattuizione all’interno della transazione la clausola indicandone i parametri oggettivi e avendo cura di considerare – come richiesto da Banca d’Italia – performance, rischi, condizioni patrimoniali.

Sulla base di tali principî, sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano hanno concluso che, in assenza di tali pattuizioni, la transazione è nulla ai sensi dell’art. 53, comma 4, sexies del TUB.

I giudici della Corte, appurata la carenza delle clausole di malus e claw back, hanno altresì escluso la possibilità di far operare un meccanismo di sostituzione automatica della clausola mancante ex art. 53 del TUB.

Si legge infatti nella sentenza che: «la sostituzione può riguardare solo una clausola invalida esistente, non certo – quale è il caso in esame – una clausola non prevista nell’accordo: un conto è riportare la pattuizione contra legem alla norma imperativa che non è stata rispettata (per es. il termine di durata e/o importo concordato fissato in misura superiore al limite di legge), altra operazione è inserire ex novo una clausola che spettava alle parti di determinare nell’ambito della autonomia contrattuale loro concessa». 

Conferma tale conclusione lo stesso tenore dell’art. 53 comma 4-sexies del TUB secondo il quale la sostituzione di diritto della pattuizione originaria (nulla) – che nel caso di specie mancava – con quella valida, può effettuarsi solo «ove possibile utilizzando i parametri indicati nelle disposizioni della Circolare di Banca di Italia … nei valori più prossimi alla pattuizione originaria».

Di fondamentale importanza sono le locuzioni «ove possibile» e «nei valori più prossimi alla pattuizione originaria»: la sostituzione automatica quindi non è sempre possibile; lo è solo quando si tratta di numeri e valori (ad esempio: prevedo il differimento di 2 anni del bonus, ma il differimento minimo ai sensi della Circolare di Banca d’Italia è 3 anni: si cancella il 2, che diventa 3), non certo quando si parla di clausole generali.

Peraltro, sia concettualmente che alla stregua della formula «pattuizione originaria», la sostituzione presuppone che qualcosa ci sia già. Si può sostituire solo ciò che c’è. 

Tale tipo di operazione nel caso in esame non era possibile, mancando una pattuizione da integrare e non essendovi dei parametri oggettivi predefiniti nelle disposizioni normative che disciplinassero le clausole di malus e claw back.

In assenza di tali meccanismi e a fronte della conseguente nullità dell’intero accordo concluso tra l’istituto creditizio e l’ex manager, la Corte ha rigettato la domanda di quest’ultimo volta ad ottenere il pagamento della severance (c.d. golden parachute) pattuita nell’accordo in occasione della cessazione del rapporto.

 

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