Riforma del lavoro sportivo. Cosa è cambiato dal 1° luglio 2023?

Last Updated on Settembre 8, 2023

Dal 1° luglio 2023 è entrata in vigore la riforma del lavoro sportivo introdotta dal D.lgs. 36/2021, modificato dal D.lgs. 163/2022.

La riforma – nel corso dei mesi di luglio e agosto 2023 – è stata integrata da un nuovo decreto legislativo correttivo (D.lgs. 120/2023) nonché dal decreto P.A.-bis (convertito in legge) che contiene anche disposizioni in materia di sport.

Vediamo, pertanto, alcune tra le principali novità introdotte dalla riforma. 

Definizione di lavoratore sportivo

Una delle principali novità della riforma è la definizione di lavoratore sportivo contenuta nell’art. 25 del D.lgs. n. 36/2021.

La legge n. 91/1981, infatti, lasciava alle Federazioni sportive il potere di qualificare i lavoratori sportivi professionisti e di fatto solo alcune Federazioni (tra cui la FIGC) ne elaborarono una definizione escludendo le donne e relegandole all’area del dilettantismo con conseguente perdita delle tutele assicurative e previdenziali all’epoca riconosciute ai professionisti.

Con la riforma, invece, diventa centrale la definizione di lavoratore sportivo che include:

  1. l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo «a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e salute S.p.a. o di altro soggetto tesserato»;
  1. ogni altro tesserato che svolge verso un corrispettivo «le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale».

In sostanza, è stata ampliata la nozione di lavoratore sportivo, scongiurando la discriminazione nei confronti delle donne e includendo anche nuove figure, necessarie e strumentali allo svolgimento delle attività sportive quali, ad esempio, manager, osservatori e collaboratori tesserati. 

Sono fuori dall’ambito del lavoro sportivo:

  1. le figure con ruoli meramente amministrativo-gestionali (es. personale di segreteria e addetti alla tenuta dei libri contabili);
  1. coloro che forniscono prestazioni nell’ambito di una professione la cui abilitazione professionale è rilasciata al di fuori dell’ordinamento sportivo e per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali. Si pensi, ad esempio, al medico sportivo.
  1. i volontari che, secondo l’art. 29 del D.lgs. 36/2021, mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali. Si tratta di prestazioni non retribuite e incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività. Le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di autocertificazione purché non superino l’importo di 150 euro mensili.

Ai lavoratori sportivi così definiti si applicheranno – tra le altre – le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva nonché la vigente disciplina, anche previdenziale, a tutela della malattia, dell’infortunio, della gravidanza, della maternità, della genitorialità e contro la disoccupazione involontaria (compresa la Naspi), secondo la natura giuridica del rapporto di lavoro.

Qualificazione del rapporto 

In merito alla qualificazione del rapporto di lavoro la riforma distingue la disciplina prevista per gli sportivi professionisti da quella dei dilettanti.

Secondo l’art. 27 del D.lgs. 36/2021, infatti, nei settori professionistici il lavoro sportivo prestato dagli atleti come attività principale, ovvero prevalente e continuativa, si presume oggetto di contratto di lavoro subordinato

Costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: 

  1. l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo
  1. lo sportivo non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento; 
  1. la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno. 

Come previsto dall’art. 28, invece, nell’area del dilettantismo il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quando ricorrono i seguenti requisiti nei confronti del medesimo committente: 

a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; 

b) le prestazioni oggetto del contratto risultino coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva. 

Il contratto dello sportivo

Per quanto riguarda il contratto del lavoratore sportivo professionista, resta ferma la necessaria stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società. È confermato che nella redazione del contratto bisogna:

  1. tenere conto del contratto-tipo predisposto ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo;
  1. prevedere la clausola contenente l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici. 

L’art. 27 del decreto prevede una disciplina più dettagliata del deposito del contratto. In particolare, entro 7 giorni dalla stipulazione la società deve depositare presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata il contratto di lavoro sportivo e tutti gli ulteriori contratti stipulati tra il lavoratore sportivo e la società sportiva, ivi compresi quelli che abbiano ad oggetto diritti di immagine o promo-pubblicitari relativi o comunque connessi al lavoratore sportivo. 

Il deposito dei contratti è necessario per l’approvazione dei medesimi da parte della Federazione, approvazione che è condizione di efficacia del contratto.

Per quanto riguarda, invece, il rapporto con gli sportivi dilettanti, la società sportiva deve comunicare al Registro delle attività sportive dilettantistiche i dati necessari all’individuazione del rapporto di lavoro sportivo. Tale obbligo di comunicazione non ricorre in caso di compensi non imponibili a fini fiscali e previdenziali ovvero quelli fino a 15.000 euro.

Per le collaborazioni coordinate e continuative l’obbligo di tenuta del libro unico del lavoro può essere adempiuto in via telematica all’interno di apposita sezione del Registro delle attività sportive dilettantistiche.

Vincolo sportivo 

Dal 1° luglio è abolito il vincolo sportivo come previsto dall’art. 31 del D.lgs. 36/2021.
Si tratta in particolare, dell’obbligo assunto dall’atleta al momento del tesseramento a prestare l’attività sportiva per una determinata società per una durata stabilita dalle Federazioni Sportive. La funzione è quella di garantire la stabilità del rapporto fra società e tesserato con la tutela degli investimenti necessari alla crescita di un atleta nonché la parità competitiva limitando l’acquisizione degli atleti più forti da parte delle società più titolate.

L’abolizione, inizialmente riguardante sia i professionisti che i dilettanti, è stata da ultimo limitata ai soli professionisti: il decreto-legge PA-bis – convertito con L. n. 112/2023 – all’art. 41, infatti, stabilisce che «a decorrere dal 1° luglio 2023, anche al fine di tutelare i vivai giovanili e i relativi investimenti operati dalle associazioni e società sportive dilettantistiche, l’articolo 31, comma 1 del D.lgs. 36/2021 non si applica agli atleti che non hanno rapporti di lavoro di natura professionistica, per i quali le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline sportive associate possono prevedere un tesseramento soggetto a vincolo per una durata massima di due anni».

Resta fermo che, invece, per i professionisti – al fine di mitigare le conseguenze di questa abolizione – il relativo termine è prorogato al 1° luglio 2024 per i tesseramenti che costituiscono rinnovi, senza soluzione di continuità, di precedenti tesseramenti.

Infine, è previsto uno strumento per mitigare l’abolizione (per i professionisti) o la minore intensità (per i dilettanti) del vincolo sportivo: si tratta del premio di formazione tecnica che ha la funzione di indennizzare le società sportive di provenienza per l’impegno e l’investimento dedicato alla formazione e preparazione dell’atleta. In sostanza, esso deve essere riconosciuto dalle società sportive professionistiche o dilettantistiche e proporzionalmente suddiviso tra quelle presso le quali l’atleta ha svolto il proprio percorso di formazione

Apprendistato e formazione dei giovani atleti

Nell’ottica della valorizzazione della formazione dei giovani atleti, per garantire loro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa nonché una preparazione professionale che favorisca l’accesso all’attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva, le società o le associazioni sportive possono stipulare contratti di apprendistato.

Proprio nell’ottica della valorizzazione non solo sportiva, ma anche culturale-sociale dei giovani atleti è abbassata a 14 anni l’età minima per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale.

La società o associazione sportiva che stipuli con il giovane atleta un contratto di lavoro sportivo successivamente alla scadenza del contratto di apprendistato è tenuta a corrispondere il premio di formazione in favore della diversa società o associazione presso la quale l’atleta abbia precedentemente svolto attività dilettantistica, amatoriale o giovanile

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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