Smart working e disconnessione. Prospettive future

Negli ultimi anni, complice anche la pandemia di Coronavirus, le imprese hanno apprezzato gli innegabili vantaggi del ricorso allo smart working.

Dalla maggiore flessibilità e dalla possibilità di conciliare meglio le esigenze di vita privata con quelle lavorative spesso derivano, infatti, l’incremento della produttività dei lavoratori e la riduzione del tasso di assenteismo.

Diversi sono i profili di interesse per le imprese quando si tratta di lavoro agile, ma nel presente approfondimento ci soffermeremo sul diritto alla disconnessione del dipendente, tema di cui si sta occupando anche il legislatore comunitario.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e cosa possono fare i datori di lavoro.

Diritto alla disconnessione: la risoluzione del Parlamento europeo e la proposta di direttiva

Il Parlamento europeo nella risoluzione del 21 gennaio 2021 (2019/2181) – recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione – ha rilevato come un utilizzo adeguato degli strumenti digitali procuri notevoli vantaggi ai datori di lavoro e ai lavoratori, quali la maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, la riduzione del tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro e l’equilibrio tra vita privata e vita professionale.

Tuttavia, l’utilizzo sempre maggiore degli strumenti digitali a scopi lavorativi ha anche comportato la nascita di una cultura del “sempre connesso” che può pregiudicare diritti fondamentali come il benessere psico-fisico e danneggiare soprattutto i lavoratori «più vulnerabili e quelli con responsabilità di assistenza».

Da ciò deriva l’esigenza di regolamentare adeguatamente l’utilizzo dei dispositivi tecnologici garantendo l’esercizio del diritto alla disconnessione, definito dal Parlamento europeo come un «diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale».

Ed è proprio con la Risoluzione citata che il Parlamento europeo invita la Commissione a presentare una proposta di direttiva su norme e condizioni minime per garantire che i lavoratori possano esercitare efficacemente il loro diritto alla disconnessione, inteso come il diritto dei lavoratori di non svolgere attività o comunicazioni lavorative al di fuori dell’orario di lavoro per mezzo di strumenti digitali, come telefonate, e-mail o altri messaggi.

La proposta di direttiva riguarda sia il settore pubblico che quello privato e «tutti i lavoratori, indipendentemente dallo status e dalle modalità di lavoro».

Nel testo attualmente disponibile sono individuate le misure di attuazione del diritto alla disconnessione che gli Stati membri devono garantire, quali:

  • modalità pratiche per scollegarsi dagli strumenti digitali a scopi lavorativi;
  • un sistema per la misurazione della durata dell’orario di lavoro;
  • la valutazione dei rischi (anche psico-sociali) per la salute e la sicurezza;
  • la sensibilizzazione e formazione dei lavoratori circa le condizioni di lavoro;
  • criteri per la concessione di eventuali deroghe al diritto alla disconnessione.

Il provvedimento, inoltre, individua le tutele per i lavoratori che esercitino il diritto alla disconnessione. In particolare, gli Stati membri sono chiamati a garantire che:

  • siano vietati la discriminazione, il licenziamento e altre misure sfavorevoli adottate dai datori di lavoro nei confronti di lavoratori che abbiano esercitato o tentato di esercitare il diritto alla disconnessione;
  • incomba sul datore l’onere di dimostrare che il licenziamento o il trattamento meno favorevole siano stati determinati da motivi diversi dalla ritorsione, quando i lavoratori presentino all’autorità competente fatti idonei a farla presumere;
  • i lavoratori abbiano accesso a un meccanismo di risoluzione delle controversie rapido, efficace e imparziale;
  • i datori di lavoro forniscano per iscritto a ciascun lavoratore informazioni chiare, sufficienti ed adeguate sul diritto alla disconnessione.
La disconnessione in Italia

Il diritto alla disconnessione è disciplinato dall’ordinamento italiano esclusivamente con riferimento ai lavoratori in smart working.

Secondo l’art. 19 della l. 81/2017 l’accordo di lavoro agile – che «disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore – individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro».

Sul diritto alla disconnessione è poi intervenuto anche il d.l. 30/2021 (convertito dalla l. 61/2021) che all’art. 2, comma 1-ter prevede che «è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».

Riferimenti al diritto alla disconnessione sono presenti anche nel Protocollo nazionale sul lavoro agile nel settore privato del 7 dicembre 2021, sottoscritto dal Ministero del Lavoro e dalle principali associazioni datoriali e sigle sindacali nazionali al fine di individuare le linee di indirizzo per la disciplina del lavoro agile da parte della contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale.

In particolare, l’art. 3 del citato Protocollo precisa che:

  • la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati;
  • la prestazione di lavoro in modalità agile può essere articolata in fasce orarie, individuando, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa;
  • vanno adottate specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione;
  • salvo esplicita previsione dei contratti collettivi, durante le giornate in cui la prestazione lavorativa viene svolta in modalità agile non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario;
  • nei casi di assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie) il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa.
Cosa possono fare in concreto, dunque, i datori di lavoro per garantire l’esercizio del diritto alla disconnessione?

Le possibili misure di disconnessione sono le seguenti:

  • pianificazione di riunioni in fasce orarie pre-determinate;
  • utilizzo di modalità automatiche di ritardata consegna delle e-mail in caso di invio di comunicazioni attraverso sistemi informatici aziendali al di fuori dell’orario di lavoro;
  • shut down del sistema nelle ore notturne o festive;
  • disattivazione da parte del dipendente, durante i tempi di riposo e disconnessione, dei dispositivi utilizzati per lo svolgimento della prestazione.
La situazione negli altri paesi

Il recente rapporto dell’Eurofound dal titolo «Right to disconnect: implementation and impact at company level» esplora la legislazione degli Stati membri dell’UE sul diritto alla disconnessione e mostra le differenze tra i lavoratori delle imprese con una politica di diritto alla disconnessione e quelli delle organizzazioni che ne sono prive.

Una quota significativa di lavoratori delle società senza una politica di diritto alla disconnessione ha dichiarato, infatti, di avere problemi di salute come frequenti mal di testa, stress e ansia. Nelle imprese con una politica di diritto alla disconnessione, invece, sono segnalati livelli molto elevati di soddisfazione professionale e un migliore work-life balance.

Dal rapporto, inoltre, emerge che attualmente nove stati membri dell’UE dispongono di una legislazione inerente al diritto alla disconnessione ovvero Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna. In particolare, la Francia è stato il primo paese europeo a introdurre il diritto alla disconnessione con il Codice del Lavoro del 2016, seguito dal legislatore belga che si è ispirato a quello francese.

Gli aspetti esaminati dal rapporto, che variano da paese a paese, sono:

  • la copertura della normativa che viene determinata in base alle dimensioni dell’impresa o alle tipologie di lavoratori interessati (in Belgio, ad esempio, la disciplina sul diritto alla disconnessione riguarda le imprese private con più di 20 dipendenti, in Francia riguarda quelle con più di 50 dipendenti anche se le Corti e gli accordi collettivi richiedono l’applicazione a tutti i lavoratori; in Grecia e Slovacchia la disciplina si applica solo ai telelavoratori);
  • l’implementazione che può essere essere “diretta” o demandata alla contrattazione collettiva (ad esempio, in Grecia l’art. 67 della L. 4808/2021 disciplina nel dettaglio il diritto alla disconnessione senza rinviare alla contrattazione collettiva, in Belgio, Irlanda e Lussemburgo l’implementazione, invece, è rimessa alla contrattazione collettiva e, in mancanza di accordo, alle policy aziendali);
  • la presenza e la natura delle sanzioni (Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna, ad esempio, prevedono sanzioni pecuniarie in caso di inadempimenti da parte dei datori).

Sull’implementazione del diritto alla disconnessione si segnala anche lo studio pubblicato da Ius Laboris e aggiornato ad agosto 2023, «The right to disconnect around the world», che offre una panoramica delle legislazioni degli Stati di America, Europa e Asia, mettendo in evidenza i paesi in cui manca completamente una regolamentazione del diritto alla disconnessione (come USA e Canada), quelli in cui sono all’attenzione dei governi proposte normative (come Brasile e Australia) e quelli in cui la materia è regolamentata (come Messico, Colombia, Perù, Cile e Argentina).

Conclusioni

Il notevole incremento del lavoro da remoto e il crescente utilizzo di strumenti digitali mobili hanno messo in luce alcune problematiche connesse alla diffusione della cultura del «sempre connesso», come il rischio di periodi di riposo insufficienti.

In attesa delle novità provenienti dall’ordinamento comunitario, è opportuno che le imprese che fanno ricorso al lavoro da remoto garantiscano ai propri dipendenti l’esercizio del diritto alla disconnessione.

Lo Studio è a Vostra disposizione per supportarVi nell’individuazione delle possibili misure di disconnessione e per fornire chiarimenti sulle tematiche trattate.

Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it
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