Last Updated on Maggio 30, 2023
Negli ultimi mesi il whistleblowing è stato uno dei temi di cui si è parlato più spesso e che ha attirato maggiormente l’attenzione delle imprese a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 24/2023.
Le procedure che i datori di lavoro dovranno attivare per dare attuazione al decreto sono sicuramente tra gli aspetti più interessanti.
Vediamo insieme i prossimi passi per le imprese e quali limiti sono previsti alla tutela del segnalante.
Il canale di segnalazione interna
La novità principale del D.lgs. 24/2023 è l’estensione dell’ambito di applicazione dell’obbligo di attivare canali di segnalazione interna, finora riservato ai soli soggetti tenuti all’adozione dei modelli di organizzazione ex D.lgs. 231/2001.
L’istituzione del canale di segnalazione è obbligatoria per le imprese che:
- hanno impiegato in media nell’ultimo anno almeno 50 dipendenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
- si occupano di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente, indipendentemente dal numero dei dipendenti;
- adottano modelli di organizzazione e gestione ex D.lgs. 231/2001, anche in questo caso, indipendentemente dal numero dei dipendenti.
L’obbligo di istituire un canale di segnalazione interna decorre dal 15 luglio 2023 in via generale e dal 17 dicembre 2023 per le imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non inferiore a 50 e non superiore a 249.
Di seguito riportiamo le attività che le società interessate devono porre in essere:
- consultare le RSA/RSU o le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prima di attivare il canale di segnalazione;
- attivare un canale di segnalazione interna che garantisca la riservatezza dell’identità del segnalante nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione (le segnalazioni potranno essere effettuate in forma scritta, tramite linee telefoniche o altri sistemi di messaggistica vocale registrati o non registrati o oralmente nel corso di un incontro con il personale addetto);
- individuare e nominare il soggetto interno incaricato della gestione del canale di segnalazione (il soggetto incaricato può essere una persona o un ufficio interno autonomo, in entrambi i casi con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, o anche un soggetto esterno);
- formare le persone interne incaricate di gestire il canale di segnalazione;
- redigere una procedura per la gestione del canale di segnalazione;
- elaborare e divulgare una procedura per tutti i potenziali segnalanti sui presupposti e le modalità di attivazione del canale di segnalazione;
- integrare i codici disciplinari (l’attivazione del canale di segnalazione può determinare nuove fattispecie di condotte disciplinarmente rilevanti poste in essere sia da parte della persona coinvolta – in caso di segnalazione fondata – che da parte del segnalante – in caso di segnalazione falsa, calunniosa o diffamatoria o comunque in caso di abuso del diritto – o di qualsiasi altro dipendente che violi gli obblighi di riservatezza previsti).
Condizioni per la protezione del segnalante
Una delle problematiche emerse in materia di whistleblowing è la valutazione della bontà e della veridicità delle segnalazioni. È, infatti, indispensabile evitare che la protezione del segnalante diventi strumento di pressione indebita sulle imprese.
La stessa ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) nei mesi precedenti all’entrata in vigore del D.lgs. n. 24/2023 ha evidenziato come sia diffuso il timore che il whistleblowing possa essere usato in modo distorto, come elemento di pressione o di ricatto nei confronti dei superiori o in generale del datore di lavoro.
Infatti, proprio in un comunicato stampa ANAC ha chiarito che la protezione va offerta «solo a chi realmente la merita (perché è stato sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altre misure punitive solo perché ha segnalato un illecito commesso da un suo dirigente), e non a chi viene giustamente sanzionato dal proprio datore di lavoro o, addirittura, effettua una segnalazione come whistleblower al solo scopo di crearsi una sorta di alibi o scudo rispetto a sanzioni che sa essere imminenti».
Il D.lgs. n. 24/2023 all’art. 16 prevede, del resto, condizioni rigorose per la protezione del segnalante, condizioni che mirano proprio a scongiurare un uso distorto dell’istituto.
Le misure di protezione, infatti, si applicano solo se:
a) al momento della segnalazione, la persona segnalante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate fossero vere;
b) la segnalazione sia stata effettuata nel rispetto della procedura di segnalazione predisposta.
Altra previsione di fondamentale importanza è quella, anch’essa contenuta nell’art. 16,secondo cui le tutele non sono garantite e alla persona segnalante è irrogata una sanzione disciplinare in caso di accertamento, anche con sentenza di primo grado, della sua responsabilità penale per i reati di diffamazione o di calunnia ovvero della responsabilità civile per dolo o colpa grave.
A ciò si aggiunga che il decreto all’art. 1 prevede che le disposizioni in esso contenute non si applichino alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale del segnalante e che attengono esclusivamente al suo rapporto di lavoro.
Il whistleblower tutelato dalla normativa, dunque, è colui che segnala illeciti in nome della tutela dell’interesse pubblico, dell’integrità della P.A. o delle imprese e non del proprio interesse personale, legato al rapporto di lavoro.
Il nostro Studio è pronto a supportare le società nell’adozione delle misure richieste dal D.lgs. n. 24/2023.
Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it