Last Updated on Gennaio 24, 2024
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 7 del 22 gennaio 2024, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità sul regime sanzionatorio dei licenziamenti collettivi nel caso di violazione dei criteri di scelta (v. artt. 3, comma 1, e 10 del D.lgs. 23/2015, attuativo del cosiddetto Jobs Act). Tale disciplina prevede, in favore dei lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, una tutela economica in luogo di quella reintegratoria riconosciuta ai lavoratori già in forza alla predetta data.
Ad avviso della Consulta, la previsione di una sanzione differente per la medesima violazione, a seconda della data di assunzione del lavoratore (pre o post il 7 marzo 2015), non viola il principio di uguaglianza. Essa risponde, infatti, al potere discrezionale del legislatore di modulare diversamente le conseguenze del licenziamento illegittimo ovvero conservare la tutela reintegratoria solo per quei lavoratori che, essendo in servizio a marzo 2015, già ne fruissero (lavoratori vecchi) e limitare l’applicazione della nuova disciplina indennitaria a quelli assunti dopo tale data (lavoratori giovani), con la finalità di incentivarne l’occupazione.
La Corte Costituzionale, inoltre, conferma l’adeguatezza e la dissuasività del rimedio risarcitorio fissato, oggi, nella misura variabile da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità dell’ultima retribuzione, ritenendolo idoneo a contemperare i diversi interessi in gioco e a soddisfare l’esigenza, propria di qualsivoglia sistema sanzionatorio, di certezza e prevedibilità.
Infine, la Consulta auspica che, in ogni caso, il legislatore operi una revisione complessiva della vigente disciplina sanzionatoria dei licenziamenti, attualmente declinata in diversi regimi di tutela.
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