Con l’espressione work-life balance si intende l’equilibrio tra lavoro e vita privata che nelle società più virtuose diventa un elemento distintivo di attrazione e retention dei talenti e fattore di benessere organizzativo in grado di migliorare la produttività aziendale.
In materia interventi significativi sono avvenuti con il Decreto legislativo n. 105/2022 (cosiddetto decreto work-life balance) che, in attuazione della direttiva UE 2019/1158, ha perseguito l’obiettivo di migliorare la conciliazione tra lavoro e vita privata e favorire una maggiore condivisione delle responsabilità di cura e assistenza in ambito familiare.
Ulteriori novità saranno introdotte con i decreti legislativi attuativi della Legge n. 32/2022 detta anche Family Act.
Vediamo di seguito i principali interventi a tutela della genitorialità.
Congedo di maternità e congedo di paternità
Il decreto work-life balance non è intervenuto sulla disciplina del congedo di maternità di cui, però, è opportuno ripercorrere gli aspetti fondamentali.
Il D.lgs. 151/2001 prevede che la lavoratrice debba astenersi dal lavoro per 5 mesi e vieta, dunque, di adibire al lavoro le donne durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 3 mesi dopo il parto.
In alternativa e purché il ginecologo e il medico competente aziendale attestino che la scelta non sia pregiudizievole per la gestante o per il nascituro, la lavoratrice ha facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei 4 mesi successivi al parto oppure direttamente nei 5 mesi dopo il parto.
La lavoratrice, durante il periodo di congedo, ha diritto a un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione e non può essere licenziata dall’inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, pena la nullità del licenziamento.
Il divieto di licenziamento non si applica nei seguenti casi:
- giusta causa;
- cessazione dell’attività aziendale cui la dipendente è addetta;
- scadenza del termine o cessazione dell’appalto;
- esito negativo della prova.
Con il Decreto work-life balance è stata, invece, rivista la disciplina del congedo di paternità ora denominato “obbligatorio” (cui si affianca quello “alternativo” già previsto nei casi di morte o grave infermità della madre, di abbandono del figlio da parte della stessa o di affidamento esclusivo del bambino al padre).
In particolare, è previsto che in caso di nascita o di morte perinatale del figlio, il lavoratore debba astenersi per 10 giorni lavorativi (20 nel caso di parto plurimo), non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa.
Detto congedo obbligatorio è fruibile nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi, previa comunicazione al datore da effettuarsi con un preavviso di almeno 5 giorni, in forma scritta o mediante il sistema in uso in azienda per la gestione delle assenze.
Durante il periodo di astensione il padre ha diritto a un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione e non può essere licenziato fino al compimento di un anno di età del bambino.
Restano, poi, ferme le disposizioni comuni al lavoratore e alla lavoratrice in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento.
In tal caso il lavoratore e la lavoratrice hanno diritto alla NASpI e non sono tenuti al preavviso.
Inoltre, non c’è obbligo di procedura telematica, ma è necessaria la convalida dell’Ispettorato del Lavoro in caso di:
- risoluzione consensuale o dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- risoluzione consensuale o dimissioni della lavoratrice o del lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.
Al termine del periodo di congedo la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a:
- conservare il posto di lavoro;
- rientrare nella stessa unità produttiva (o altra nel medesimo comune) e a permanervi fino al compimento di 1 anno di età del bambino;
- essere adibiti alle medesime mansioni (o equivalenti) svolte prima del congedo;
- beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dalla legge o dai contratti collettivi e che sarebbero loro spettati durante l’assenza.
Un’interessante novità introdotta dal decreto work-life balance è la previsione secondo cui il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro nonché la violazione del divieto di licenziamento – ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere – impediscono al datore di lavoro il conseguimento della stessa.
Per una panoramica sulla certificazione della parità di genere si veda il nostro articolo “Certificazione della parità di genere: facciamo il punto”.
Congedi parentali
Oltre al congedo di maternità e al congedo di paternità obbligatorio e alternativo, ai genitori spettano nei primi 12 anni di vita del figlio i congedi parentali che non possono complessivamente eccedere il limite di 10 mesi.
In particolare spettano:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
c) ai nuclei familiari mono-genitoriali (un solo genitore ovvero un genitore con affidamento esclusivo del figlio) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 11 mesi.
Ai fini dell’esercizio del diritto il genitore è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a 5 giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.
Per i periodi di congedo parentale, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per 3 mesi un’indennità pari al 30% «elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80% della retribuzione» (previsione quest’ultima introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 e che si applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2022).
I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di 3 mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione.
Nel caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione per un periodo massimo di 9 mesi.
Dunque, con il decreto work-life balance:
- l’età del bambino entro la quale i genitori hanno diritto all’indennizzo durante il congedo è stata elevata da 6 a 12 anni;
- i mesi di congedo coperti dall’indennità pari al 30% della retribuzione sono stati elevati da 6 a 9;
- i mesi di durata complessiva del congedo spettante al genitore solo, nell’ottica di una maggiore tutela per i nuclei familiari monoparentali, sono passati da 10 a 11 di cui 9 indennizzabili al 30%.
Smart working e part-time
Il legislatore è intervenuto anche facilitando l’accesso al lavoro con modalità flessibili da parte di alcune categorie di lavoratori.
In particolare, il nuovo art. 18 comma 3-bis della L. 81/2017 prevede che i datori di lavoro che stipulano accordi di smart working siano tenuti a dare priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori:
- con figli fino a 12 anni di età;
- con figli in condizioni di grave disabilità senza alcun limite di età;
- disabili in situazione di gravità accertata;
- caregivers (prestatori di assistenza a un familiare ammalato e non autosufficiente).
Resta fermo, invece, il riconoscimento della priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale alle richieste del lavoratore che:
- abbia il coniuge o la parte di un’unione civile o il convivente, i figli o i genitori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative;
- assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità, che abbia necessità di assistenza continua;
- abbia un figlio convivente di età non superiore a 13 anni;
- abbia un figlio convivente portatore di handicap.
Il decreto work-life balance ha espressamente previsto che la lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile o di trasformare il contratto a tempo pieno in part-time non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura di questo genere è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.
Inoltre, il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo alla fruizione del lavoro agile così come la violazione delle disposizioni in materia di trasformazione del full-time in part-time – ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere – impediscono al datore di lavoro il conseguimento della stessa.
Il Family Act
Come anticipato in premessa, la materia della tutela della genitorialità sarà ulteriormente integrata dai decreti legislativi attuativi della Legge delega n. 32/2022 (c.d. Family Act) per il sostegno e la valorizzazione della famiglia. Infatti, il termine per l’esercizio della delega, come prorogato dal Milleproroghe 2023, è il 12 maggio 2024.
Tra gli obiettivi fissati dalla legge delega per favorire la partecipazione dei padri alla vita dei figli, il lavoro delle lavoratrici-madri e in generale il bilanciamento lavoro/vita privata si segnalano i seguenti:
- congedi parentali fino al compimento di un’età del figlio non superiore a 14 anni (a fronte degli attuali 12);
- permessi retribuiti, di durata non inferiore a 5 ore nel corso dell’anno, per ciascun figlio, per i colloqui con gli insegnanti e per la partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli;
- congedo di paternità obbligatorio di durata significativamente superiore rispetto a quella prevista dalla legislazione vigente;
- aumento dell’indennità obbligatoria per il congedo di maternità.
Conclusioni
L’equilibrio tra lavoro e vita privata è un elemento distintivo di attrazione e retention dei talenti e un fattore di benessere organizzativo in grado di migliorare lca produttività aziendale.
La violazione dei diritti riconosciuti ai lavoratori in materia impedisce il conseguimento della certificazione della parità di genere e l’adozione di ulteriori misure di conciliazione è utile ai fini dell’ottenimento della stessa.
Infatti, come si evince dalle linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere (UNI/PdR 125/2022), per valutare il grado di maturità di un’organizzazione in materia di tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro devono essere considerati i seguenti KPI (Key Performance Indicators):
- presenza di servizi dedicati al rientro post maternità/paternità (es. part-time su richiesta temporaneo e reversibile, smart working, asilo nido aziendale);
- presenza di policy per il mantenimento di iniziative che valorizzino la genitorialità come momento di acquisizione di nuove competenze a favore della persona e dell’organizzazione.
Toffoletto De Luca Tamajo è a Vostra disposizione per supportarvi in tutte le iniziative necessarie a conseguire gli obiettivi connessi al work-life balance.
Per maggiori informazioni: comunicazione@toffolettodeluca.it