Somministrazione di lavoro (II parte): la disciplina introdotta dal Decreto Dignità e alcune novità nell’emergenza Covid-19

Last Updated on July 16, 2020

Di: Avv. Wanda Falco

Come anticipato del precedente contributo – Somministrazione di lavoro (I parte): come funziona e quali sono i vantaggi – la somministrazione di lavoro è stata oggetto di un recente intervento legislativo molto discusso. Si tratta del Decreto Dignità, ovvero il D.L. 87/2018 convertito con legge 96/2018, che ha modificato il testo del D.lgs. 81/2015.

Accanto alle problematiche interpretative legate a questa ennesima modifica della disciplina della somministrazione di lavoro, si segnalano quelle emerse a seguito dell’emergenza Covid-19 che hanno reso necessari alcuni interventi.

Vediamo, pertanto, nel dettaglio le più recenti novità normative in materia.

Il decreto Dignità e il CCNL Agenzie di somministrazione

Secondo l’art. 34 del D.lgs. 81/2015, come modificato dall’art. 2, comma 1 D.l. 87/2018, in caso di assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 

In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III (ovvero la disciplina dei contratti a termine), con esclusione delle sole disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24 relative a: 

  • periodo di intervallo tra due contratti a termine (cd. stop & go); 
  • numero complessivo di contratti a tempo determinato (limite del 20%); 
  • diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato.

1. Durata massima 

Nel caso in cui tra l’agenzia e il lavoratore intercorra un contratto a termine è consentito stipulare, come previsto dall’art. 19 del D.lgs. 81/2015:

  • un primo contratto a termine “a-causale” di durata massima non superiore a 12 mesi;
  • oltre, un contratto a termine “causale” fino a 24 mesi (per: a. esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; b. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria).

La durata massima di 24 mesi è calcolata tenendo conto di rapporti di lavoro a tempo determinato tra stesso datore di lavoro e stesso lavoratore, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro. 

Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.

Come precisato dal Ministero del Lavoro con circolare n. 17/2018, il rispetto del limite massimo di 24 mesi “deve essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore, dovendosi a tal fine considerare sia i periodi svolti con contratto a termine sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale”.

Per l’utilizzatore, dunque, la durata massima si riferisce alla durata dei rapporti di lavoro a termine – sia nella forma dei contratti a tempo determinato che della somministrazione a termine – per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. Come evidenziato nella predetta circolare, superati i 24 mesi, non è più possibile ricorrere non solo ai contratti a tempo determinato, ma anche alla somministrazione a termine, fatto salvo il caso di assunzione a tempo indeterminato da parte del somministratore.

Per il somministratore la durata massima del rapporto tra stesso lavoratore e stessa agenzia per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale è 24 mesi.

1.1 Le deroghe della contrattazione collettiva

Come stabilito dall’art. 19, comma 2 D.lgs. 81/2015, la contrattazione collettiva può prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al limite massimo dei 24 mesi. 

A tal proposito si segnalano le previsioni del CCNL Agenzie di Somministrazione di lavoro del 21/12/2018 secondo cui a far data dal 1° gennaio 2019 la durata massima della successione dei contratti a termine tra agenzia e lavoratore è così articolata:

  • nelle ipotesi di somministrazione con il medesimo utilizzatore, la durata massima è individuata dal CCNL applicato da quest’ultimo (in assenza è di 24 mesi); 
  • nell’ipotesi di somministrazione su diversi utilizzatori, è pari a 48 mesi.

Come evidenziato dalla circolare di Assolavoro n. 4/2019, la disposizione in esame sancisce una serie di principi generali: 

  1. disciplina la successione di contratti a termine tra la medesima agenzia ed il medesimo lavoratore e conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale; 
  2. incide unicamente nella successione di contratti a termine tra agenzia e lavoratore somministrato, fermi restando quindi gli eventuali limiti di durata alla somministrazione a termine/contratto a termine individuati dal contratto collettivo applicato dall’utilizzatore, o dalla legge; 
  3. stabilisce come regola generale che, nel caso in cui il lavoratore venga impiegato presso un unico utilizzatore, il limite di durata massimo è quello individuato dalla contrattazione collettiva applicata dall’azienda utilizzatrice, in assenza del quale opera il limite legale pari a 24 mesi. 

Sul punto, Assolavoro nella circolare citata riporta anche un esempio chiarificatore: se un lavoratore è inviato in missione con contratti a termine presso uno stesso utilizzatore che applica il CCNL Metalmeccanica, la durata massima della successione di contratti a tempo determinato tra agenzia e lavoratore sarà pari a 44 mesi (durata massima prevista dal CCNL Metalmeccanica). 

2. Proroghe e rinnovi

Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro tra somministratore e lavoratore può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore (art. 34, D.lgs. 81/2015).

A tal riguardo, l’accordo di rinnovo del 21 dicembre 2018 del CCNL delle Agenzie di Somministrazione di lavoro all’art. 1, punto 3 prevede:

  • massimo 6 proroghe in caso di durata massima pari a 24 mesi (applicazione del limite legale);
  • massimo 8 proroghe in caso di diverso limite di durata massima individuato dal CCNL applicato dall’utilizzatore.

Per quanto riguarda i rinnovi, invece, l’art. 21 D.lgs. 81/2015 prevede che il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. Ciò significa che per il rinnovo è sempre necessaria la causale, indipendentemente dalla durata del contratto rinnovato. 

3. Causali

Come previsto dall’art. 2, comma 1ter del Decreto Dignità (così come integrato dalla legge di conversione), le causali di cui all’art. 19, comma 1 D.lgs 81/2015 nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, “si applicano esclusivamente all’utilizzatore”.

Pertanto, in caso di durata della somministrazione a termine per un periodo superiore a 12 mesi presso lo stesso utilizzatoreil contratto di lavoro stipulato dal somministratore con il lavoratore dovrà indicare una motivazione riferita alle esigenze dell’utilizzatoremedesimo, come chiarito dalla già citata circolare del Ministero del Lavoro n. 17/2018 (punto 2.2) secondo la quale inoltre non sono cumulabili a tal fine i periodi svolti presso diversi utilizzatori.

A tal proposito, la circolare Assolavoro n. 9/2018 ha spiegato che quando l’agenzia assume il lavoratore a tempo determinato, nelle ipotesi normativamente previste nelle quali occorre apporre la causale, quest’ultima dovrà essere richiesta all’utilizzatore. Infatti – alla luce della struttura “triangolare” che connota la somministrazione di lavoro – l’agenzia assume sì alle proprie dipendenze, ma esclusivamente per far fronte alle esigenze lavorative di un altro soggetto, l’utilizzatore; pertanto, si può ragionevolmente ritenere che le “condizioni” richieste dalla legge per la legittimità di un contratto a termine debbano riferirsi in toto all’utilizzatore.

Il Ministero del Lavoro, inoltre, ha precisato che l’obbligo di specificare le motivazioni del ricorso alla somministrazione di lavoratori a termine sorge non solo quando i periodi siano riferiti allo stesso utilizzatore nello svolgimento di una missione di durata superiore a 12 mesi, ma anche qualora lo stesso utilizzatore aveva instaurato un precedente contratto di lavoro a termine con il medesimo lavoratore per mansioni di pari livello e categoria (Circolare n. 17/2018, punto 2.2). 

Da ciò consegue che:

  • una missione presso lo stesso utilizzatore successiva rispetto a un precedente rapporto a termine di durata inferiore a 12 mesi richiede sempre l’indicazione della causale in quanto tale ipotesi è assimilabile a un rinnovo;
  • una missione presso lo stesso utilizzatore successiva rispetto a un precedente rapporto a termine di durata pari a 12 mesi richiede l’indicazione della causale;
  • una missione di durata non superiore a 12 mesi può essere seguita da un’assunzione da parte dell’utilizzatore con contratto a termine per una ulteriore durata massima di 12 mesi con indicazione della causale. 

Somministrazione di lavoro ed emergenza Covid-19

La crisi derivante dalla diffusione dell’emergenza COVID-19 ha avuto notevoli ripercussioni occupazionali coinvolgendo anche il settore della somministrazione di lavoro.

Per tali ragioni il cd. Decreto “Rilancio” (DL 34/2020), convertito con L. n. 77 del 17 luglio 2020, ha introdotto all’articolo 93 una deroga, limitata nel tempo, all’obbligo di giustificare con le causali ex art. 19, comma 1, del D.lgs. n. 81/2015, il rinnovo e la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato. 

In particolare la norma prevede che “in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”. 

Come evidenziato da Assolavoro con circolare n. 12 del 20 maggio 2020, tale disposizione si applica anche alla somministrazione di lavoro: “la nuova fattispecie di “acausalità”, nei limiti individuati dalla norma, si applica anche in caso di rinnovi e proroghe del contratto di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione”. 

Tale interpretazione è possibile in quanto:

  • l’art. 34, comma 2, del D.lgs. n. 81/2015 sancisce che: “in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24”; tale previsione comporta che l’agenzia per il lavoro assume a termine secondo la disciplina generale del contratto di lavoro a tempo determinato;
  • l’art. 93 del DL Rilancio introduce la disciplina della acausalità in deroga all’articolo 21 del D.lgs. 81/2015, che si applica, escluso il comma 2, anche in caso di rinnovi e proroghe del contratto di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione.

La medesima circolare ritiene anche che beneficiano del regime di acausalità unicamente i rinnovi e le proroghe dei contratti in corso alla data del 23 febbraio 2020 con la conseguenza che la disciplina agevolata è esclusa per i rinnovi dei contratti cessati prima del 23 febbraio 2020.
Non è chiaro se il regime di acausalità si applichi alle proroghe e ai rinnovi stipulati entro il 30 agosto 2020, a prescindere dalla durata del contratto, ovvero se tale data ultima individui il termine finale dei contratti rinnovati/prorogati acausalmente.

Conclusioni

Come emerso dal presente contributo il Decreto Dignità ha profondamente modificato la disciplina della somministrazione di lavoro determinando anche molti dubbi interpretativi. Alla particolare confusione generata dalla formulazione della norma si aggiungono le problematiche legate all’emergenza Covid-19, che ha reso particolarmente difficile la vita delle aziende e a cui il legislatore ha provato ad ovviare con la deroga alla disciplina delle causali.