Last Updated on July 18, 2019
Il movimento #MeToo ha contribuito ad accrescere la consapevolezza sul tema delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro e si è tradotto in una maggiore attenzione da parte dei datori di lavoro nel prevenire episodi di molestie sessuali, specie in contesti aziendali cross-border. «Molestia sessuale sul luogo di lavoro» non ha tuttavia un’interpretazione univoca, in ragione del diverso contesto culturale di riferimento. Partendo da tale presupposto, Ius Laboris, l’Alleanza internazionale di specialisti in diritto del lavoro fondata dallo studio legale Toffoletto De Luca Tamajo, ha deciso di indagare sul tema attraverso una ricerca che coinvolge 50 Paesi nel mondo.
Ciò che emerge dall’analisi “Preventing workplace sexual harassment” è appunto come il contesto culturale influenzi l’interpretazione di uno standard legale. Ad esempio, è probabile che in Italia sia considerato accettabile che un manager esprima un commento sull’aspetto o l’abbigliamento di un collega, al contrario di ciò che può avvenire nel Regno Unito.
«Anche in Italia il movimento #MeToo ha portato a una crescente consapevolezza del problema delle molestie sul luogo di lavoro – commenta l’avvocato Valeria Morosini , partner di Toffoletto De Luca Tamajo. – Nei tribunali, i giudici iniziano a riconoscere la responsabilità dei datori di lavoro nei casi in cui trascurino episodi di molestie. Da un punto di vista legislativo, a metà luglio 2019 il Parlamento ha approvato in via definitiva il disegno di legge proposto dal Governo noto come “Codice Rosso”, con l’obiettivo principale di facilitare le denunce da parte delle donne contro molestie o violenze sessuali e accelerare le indagini relative a questi crimini».
Tra le novità principali introdotte con il “Codice rosso”, c’è l’introduzione delle norme sul c.d. “revenge porn”, ovvero la diffusione – tramite social media/internet e altro – di foto o video con contenuti sessualmente espliciti senza il consenso della persona filmata/registrata. Una condotta che può essere punita con la reclusione da uno a sei anni.
L’analisi di Ius Laboris
I 50 Paesi oggetto di indagine si dividono sostanzialmente in due gruppi: il primo, più numeroso, in cui le molestie sessuali trovano spazio nell’ordinamento quali comportamenti antigiuridici, ed un secondo gruppo – composto da Colombia, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Russia, Kazakistan, Cina, Singapore – in cui non è presente una disciplina legale di molestie e violenze sessuali.
All’interno del primo gruppo vi sono tuttavia differenze legate al grado di intervento richiesto al datore di lavoro rispetto a questo tema.
In 20 dei 50 Paesi considerati dall’indagine (Belgio, Cile, Colombia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, India, Islanda, Israele, Giappone, Lussemburgo, Olanda, Panama, Perù, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Venezuela), la legge impone ai datori di lavoro di adottare in azienda una policy chiara sulla prevenzione, la gestione delle segnalazioni e le indagini sulle accuse di molestie sessuali.
In Belgio, Croazia, Francia, Germania, Norvegia, Svezia, alcune provincie del Canada e alcuni stati degli USA, Cile, Colombia, Panama, Perù, Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Israele sussiste l’obbligo per le società di adottare specifiche procedure per gestire i casi di presunte molestie sessuali all’interno dei luoghi di lavoro anche laddove siano coinvolti in questi episodi membri apicali del management.
Inoltre, in alcuni Paesi, la normativa obbliga i datori di lavoro a predisporre con regolarità attività e sessioni di formazione per prevenire episodi di molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Questo è il caso di Belgio, alcune province del Canada e alcuni stati degli USA, Perù, India e Corea del Sud. In altri, invece, non è un requisito legale ma è considerato una buona pratica.
L’analisi evidenzia anche che in numerosi Paesi il movimento #MeToo ha messo in discussione l’attuazione delle clausole di segretezza in caso di molestie sessuali. Negli Stati Uniti, per esempio, questo si è tradotto in una legge che rende inapplicabili le clausole di segretezza, anche se formalmente inserite in accordi transattivi.
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