Last Updated on October 29, 2020
Dott. Diego Paciello
Con la risoluzione 55 del 25 settembre 2020 l’Amministrazione finanziaria ha fornito importanti precisazioni in merito ai piani welfare cosiddetti «premiali» confermando principî di carattere generale già espressi in precedenti pronunce e, al contempo, delineando nuovi e più definiti limiti per l’implementazione degli stessi.
Da una parte, infatti, l’Agenzia ha ribadito che i piani welfare, oltre a non poter essere riconosciuti in sostituzione di retribuzione fissa o variabile, non possono né consentire ai dipendenti di scegliere tra erogazioni in denaro o in beni e servizi – come avviene, invece, in caso di conversione dei premi di risultato – né prevedere, in caso di mancato utilizzo, la liquidazione in denaro degli importi messi a disposizione.
Dall’altra, l’Agenzia, seppur riconoscendo la legittimità – oltre ai piani con finalità prettamente sociale – anche di quelli aventi finalità prevalentemente premiale e incentivante, ha avuto modo di precisare come questi ultimi possano esclusivamente essere funzionali a gratificare i dipendenti in seguito al raggiungimento di risultati aziendali o a fidelizzarli e che, nel caso in cui prevedano una graduazione nell’erogazione, quest’ultima non possa essere operata in funzione di una valutazione dell’attività e/o della prestazione lavorativa dei dipendenti, dovendosi escludere, ad esempio, una quantificazione del valore figurativo da assegnare a ciascun dipendente in funzione della presenza di ciascuno in azienda. In altre parole, è stata riconosciuta la possibilità per i datori di lavoro di erogare in beni e servizi il valore creato dall’azienda grazie al conseguimento di risultati positivi ma non, invece, di legare i sistemi di welfare alle performance dei dipendenti, introducendo, dunque, un principio di carattere generale di cui, seppur in misura diversa a seconda delle specifiche circostanze del caso, si dovrà necessariamente tenere conto per la revisione o l’introduzione dei piani di welfare.
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