La contestazione disciplinare tra l’immediatezza e l’immutabilità

Last Updated on January 3, 2020

Di: Avv. Wanda Falco

La contestazione disciplinare è un provvedimento con cui il datore di lavoro comunica al dipendente che è iniziato nei suoi confronti un procedimento disciplinare a seguito di uno o più comportamenti ritenuti dall’azienda lesivi degli obblighi contrattuali

Secondo l’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, infatti, il datore non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. La finalità della contestazione disciplinare, dunque, è quella di informare il lavoratore del procedimento a suo carico e, quindi, di consentirgli l’esercizio del diritto di difesa mediante giustificazioni finalizzate a evitare l’eventuale sanzione disciplinare al termine della procedura delineata dall’art. 7.

La contestazione, per poter assolvere le funzioni descritte, deve presentare alcune caratteristiche fondamentali quali la forma scritta, la specificità, la tempestività e l’immutabilità.  

Infatti, una contestazione in forma orale, non circostanziata e dettagliata, fatta a distanza di molto tempo dall’avvenuta conoscenza dei fatti da parte del datore e riferita a circostanze diverse da quelle che poi saranno riportate nel provvedimento disciplinare ostacola l’esercizio del diritto di difesa del dipendente: egli, infatti, non ha la possibilità di comprendere al meglio quale sia il comportamento illecito contestato e in relazione al quale presentare le sue giustificazioni. Non solo. Essa, se troppo distante dall’accertamento dei fatti, potrebbe indurre il lavoratore a fare affidamento in buona fede sulla scelta datoriale di soprassedere all’esercizio del potere disciplinare.

In particolare, sono stati oggetto di dibattito il principio di immediatezza e quello di immutabilità della contestazione che esamineremo nel dettaglio nei paragrafi che seguono.

L’immediatezza della contestazione: il carattere relativo del principio

Per immediatezza della contestazione disciplinare si intende il principio secondo cui la contestazione del comportamento illecito deve avvenire a distanza di un breve lasso di tempo dalla conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro. 

Rileva il momento in cui il datore è venuto a conoscenza dell’illecito comportamento del lavoratore in quanto solo in quel momento il datore può effettuare le sue valutazioni circa l’apertura di un procedimento disciplinare e, quindi, ricevere formalmente le difese da parte del lavoratore. 

La legge non stabilisce il periodo massimo che deve intercorrere tra la conoscenza del fatto e l’avvio del procedimento disciplinare, per cui esso va adeguato alle circostanze del caso concreto.

La giurisprudenza, infatti, spiega che il requisito della immediatezza della contestazione va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare l’iniziativa datoriale (Cass. 12824/2016). 

Dunque, i parametri principali in base ai quali valutare l’adeguatezza della tempistica per l’emissione della contestazione disciplinare sono le dimensioni dell’azienda e la complessità dei fatti oggetto della contestazione.

Casistica giurisprudenziale sulla tempestività della contestazione disciplinare

Per meglio chiarire cosa si intenda per carattere relativo della tempestività della contestazione disciplinare, sembra interessante richiamare l’attenzione su alcune pronunzie recenti in materia secondo cui:

  • è tempestiva la contestazione disciplinare fatta a distanza di 8 mesi dall’effettiva e compiuta conoscenza dei fatti avvenuta a seguito della notizia dell’indagine penale in concomitanza della quale la società aveva dato inizio a indagini interne molto complesse; si era trattato, infatti, di condotte di difficile accertamento consistite nell’aver agevolato una cliente che usava prestanomi per gestire diversi conti, nell’aver violato le norme antiriciclaggio e nell’aver chiesto sovvenzioni oltre i limiti procedurali (Cass. 12366/2019);
  • è esclusa la tempestività della contestazione disciplinare fatta a distanza di circa 6 mesi dall’avvenuta conoscenza dei fatti in ordine ai quali il datore abbia fin da subito acquisito congrui e sufficienti elementi a carico del suo dipendente, mentre nell’intervallo di tempo nelle more trascorso non risulti svolta alcuna ulteriore indagine occorrente alla definizione della posizione del lavoratore. Ciò a maggior ragione se si siano verificate delle circostanze idonee a far maturare nel dipendente la ragionevole convinzione che la società abbia soprasseduto all’intento di comminare sanzioni disciplinari, quali l’aver sventato una frode ai danni del datore (Cass. 10565/2019);
  • è tempestiva la contestazione disciplinare avvenuta a distanza di due mesi dalla conoscenza dei fatti consistiti nell’aver il dipendente utilizzato in favore di sé stesso, di sua moglie e di suo fratello le somme derivanti da eccedenze di pagamento da parte di terzi; in tal caso, infatti, i giudici hanno tenuto conto della complessità della struttura organizzativa aziendale, del numero di operazioni irregolari contestate al lavoratore (pari a ventotto) e della verifica ispettiva svolta. In ogni caso il periodo trascorso tra la conoscenza dei fatti e la contestazione scritta non avrebbe potuto ingenerare nel dipendente la convinzione della rinuncia all’esercizio del potere di recesso in quanto gli era stata immediatamente revocata l’abilitazione all’attività di cassa (Cass. 30679/2018);
  • non è tardiva la contestazione disciplinare intervenuta a distanza di quattro mesi dalla conclusione dell’attività ispettiva nell’ambito della quale erano emerse le infrazioni contestate, in quanto il giudice di merito ha tenuto ben presente il lasso di tempo trascorso e lo ha contestualizzato in relazione alla complessità degli accertamenti svolti e delle valutazioni consequenziali nell’ambito di un’azienda di grandi dimensioni (Cass. 19245/2018);
  • è tempestiva la contestazione disciplinare intervenuta a distanza di oltre un anno dai fatti addebitati la cui conoscenza da parte del datore era stata resa particolarmente complessa dal numero degli episodi e dalla difficile ricostruzione dei medesimi, consistititi nella sostituzione arbitraria di otto contatori del gas nonché nell’omessa segnalazione di palesi manomissioni e di consumi anomali con presunta frode in danno della società datrice (Cass. 7735/2018).

L’immutabilità dei fatti contestati

Secondo il principio di immutabilità della contestazione, il datore di lavoro non può sanzionare il dipendente per fatti diversi da quelli contestati. In altre parole, deve esserci coincidenza tra le informazioni e le circostanze contenute nella contestazione e quelle incluse nel successivo provvedimento disciplinare

Per circostanze nuove, che mutano cioè la tipologia dell’illecito, devono intendersi solo quelle che si sostanziano in un fatto storico nuovo in quanto mai contestato, non anche quelle che, fermo il fatto contestato inteso nella sua essenza e a prescindere da ogni valutazione della sua gravità, ne consentano un migliore apprezzamento del disvalore e dell’incidenza sullo svolgimento del rapporto.

In altre parole, la violazione del principio di immutabilità della contestazione non può essere ravvisata in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti a base della contestazione iniziale e quelli che sorreggono il provvedimento disciplinare, ma solo nel caso in cui tale divergenza comporti in concreto una violazione del diritto di difesa del lavoratore causata da una sostanziale modifica del fatto addebitato

Non sono, dunque, escluse modificazioni dei fatti contestati concernenti circostanze non significative rispetto alla fattispecie, il che ricorre, ad esempio, quando le modificazioni non configurano elementi integrativi di una diversa fattispecie di illecito disciplinare, non risultando in tal modo preclusa la difesa del lavoratore.

Analogamente non si può ritenere violato il principio di immutabilità quando nella lettera di licenziamento si richiamino ulteriori esiti istruttori solo per meglio circoscrivere l’addebito che resta ontologicamente identico.

Casistica giurisprudenziale sull’immutabilità della contestazione

Come per il principio di tempestività, anche per quello di immutabilità della contestazione si propone una breve esemplificazione di alcuni casi pratici:

  • non è violato il principio di corrispondenza tra fatti contestati e fatti a base del licenziamento nel caso in cui al lavoratore sia stato contestato il mancato pagamento di bollettini postali risultati pagati mentre nella lettera di licenziamento sia stato aggiunto anche l’elemento della contraffazione dei bollettini; la circostanza aggiunta, infatti, concerne una mera modalità attuativa dell’identico fatto contestato (Cass. 17992/2018);
  • non può ritenersi violato il principio dell’immutabilità della contestazione nel caso in cui al dirigente sia stato contestato di aver autorizzato la verniciatura di strutture metalliche in ambienti vicini all’imbottigliamento dell’acqua, con evidenti rischi inquinanti, mentre nella lettera di licenziamento sia stato specificato che egli aveva fatto anche dei sopralluoghi sul posto dove erano stati eseguiti i lavori di verniciatura; anche in questo caso il fatto contestato – l’inadeguatezza nella vicenda dell’inquinamento di bottiglie di acqua – risultava invariato (Cass. 11159/2018);
  • è violato il principio di immutabilità se nella lettera di contestazione sia contestata l’omissione di alcune operazioni del ciclo di lavoro mentre nel provvedimento disciplinare sia sanzionata la lentezza e la volontaria negligenza nell’esecuzione della prestazione (Tribunale di Treviso, sez. Lavoro, Sentenza del 19/09/2019, n. 424).

Conclusioni

La contestazione, quale atto di avvio di un procedimento disciplinare, impone al datore il rispetto di una serie di vincoli che sono, tuttavia, interpretati dalla giurisprudenza in modo da consentire un margine di manovra all’azienda: la tempestività della contestazione, infatti, non va intesa in senso assoluto, ma va calata nel caso concreto tenendo conto della complessità dei fatti addebitati e della struttura aziendale; perché sia violata l’immutabilità dei fatti, invece, non basta una semplice aggiunta di circostanze poco significative o tali da chiarire il quadro fattuale di riferimento.